L’orrendo stupro avvenuto Palermo lo scorso luglio da parte di un branco di sette ragazzi ai danni di una 19enne è sulla bocca di tutti. In molti si chiedono se la scuola e le famiglie siano responsabili in qualche modo delle falle nell’educazione dei giovanissimi.
Una docente palermitana ha parlato in modo alquanto colorito e duro di questi temi in una diretta su Facebook che è andata virale nelle ultime ore, ottenendo migliaia e migliaia di visualizzazioni, in cui si parla del ruolo dei genitori e degli insegnanti. Ecco il suo sfogo, che sta facendo riflettere la comunità educante.
“Sono molto delusa da come vanno le cose nei giovani. Ho l’obbligo, visto che sono un’insegnante, di fare un appello a tutti i genitori, mi ci metto anche io. Dobbiamo essere caricati a pallettoni, avere energie da spendere, da dare, per educare. Non sono energie a fondo perduto. Ho l’obbligo di dirvi la verità in faccia, visto che siete disabituati alla verità e talmente assueffatti all’ipocrisi che la verità non la volete sentire nemmeno dalla vostra coscienza”.
“Siete un branco di falliti, siamo un branco di falliti. I nostri figli violentano le ragazzine, qualcosa è andato male negli anni. Inutile che dite che non riguarda i vostri figli. No, tu tuo figlio non lo conosci. Inutile che ti offendi, lo dico per aprirti gli occhi. La violenza sta anche nel fatto che molti ragazzi sono convinti di fare delle bravate e in quanto giovani possono fare ciò che vogliono”.
“Siamo in emergenza sociale: e ciò non riguarda il caro benzina o il reddito di cittadinanza, è un’emergenza educativa. Se succedono questi episodi tutti siamo falliti. Non funzioni come padre, come madre, come struttura sociale. Siamo falliti. Se non condividete siete corresponsabili di tutti quei genitori ed educatori che preferiscono girarsi dall’altra parte perché il problema non è il loro”.
“Siete vili, siete ipocriti, vi fate solo selfie e i figli li lasciate soli davanti ai cellulari. I vostri figli li dovete controllare. Privacy? Il bambino, l’adolescente, non ne ha. Siamo noi i responsabili dei nostri figli, di quello che fanno e che non fanno. Il fallimento è il nostro. Inutile che vi scandalizzate perché i vostri figli fanno cose illecite e per dire no siete disposti ad essere perseguiti legalmente. Vergogna, siete inutili. Anche quando siete convinti di conoscere i vostri figli prendete in considerazione che invece non li conoscete. Sì, si comportano come i bulli, perché sennò si sentono di non contare nulla”.
“Invece di pensare al parrucchiere, al massaggio, ai viaggi: non ve l’ha prescritto il medico di fare figli. State bene anche senza visto che non ve ne sapete occupare. Non basta mettere al mondo dei figli per essere genitori, lo dovete diventare. Questa società è piena di figli che lasciate tornare a casa tranquillamente alle 4 di mattina ubriachi. Non vi rendete conto che pagherete tutto ciò. Il problema nasce a monte, se fai un figlio lo devi seguire. La comunicazione non funziona, usate codici sbagliati e vi seccate, siete stanchi. Ma non è possibile essere stanchi se si è docenti o genitori. Io tengo il cellulare acceso di notte per i miei ragazzi”.
“Se ti vergogni a chiedere aiuto ai tuoi genitori perché sei solo piccolo, inesperto, chiama me. Non mi disturbi, esco di casa e ti aiuto. Ma voi controllateli i vostri figli. Controllare non significa ossessionare, ma sapere che poi i figli possono andare da soli sulle proprie gambe. La comunità educante non può essere solo astratta ma deve essere un mondo completo. Aprite gli occhi, immischiatevi, siate parte attiva, guardateli i figli in faccia, parlate, parlate con i docenti, chiedete ai vostri figli. Non avete la bacchetta magica, ma bisogna osservare, dovete dormire con un occhio aperto e uno chiuso”.
“Il 13 settembre ricomincia la scuola: venite a parlare con noi, credeteci. Il futuro è nelle nostre mani. Chi ha un figlio se ne deve occupare. I figli ci guardano. Se una cosa non si fa non abbiate paura di dire no. Cerchiamo di risalire la china dei falliti”.
Cosa può fare la scuola? Quale il ruolo della famiglia? Queste sono le domande che riecheggiano in questi giorni. Anna Paola Concia, politica, attivista e coordinatrice del Comitato organizzatore di Fiera Didacta Italia ha scritto un tweet sul tema diretto al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: “Agli uomini: a chi si sente indignato per essere paragonato agli stupratori di Palermo. Reagite al racconto che siete tutti uguali. Rigettate quella cultura tossica maschile. Parliamone. Faccio un appello al ministro Valditara sensibile a questo tema”, queste le sue parole.
La risposta del capo del dicastero di Viale Trastevere non si è fatta attendere: “Grazie Paola per questo invito. Certo che non siamo tutti uguali! E la gran parte degli italiani non ha nulla che vedere con la cultura che genera violenza sulle donne. Dobbiamo comunque lavorare nelle scuole per affermare il valore del rispetto e rigettare i residui di machismo”.
Il ministro crede quindi che la scuola abbia un ruolo chiave nel necessario cambiamento di mentalità nella cultura dei giovanissimi. Nel frattempo sono molti i docenti che vogliono fare qualcosa di concreto, in classe, sin da subito per sensibilizzare contro la violenza di genere. Lo stesso Valditara oggi ha parlato dell’idea di portare in classe le testimonianze di vittime di violenza sulle donne.
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