La proposta di Bianchi in fatto di reclutamento rischia di non andare in porto, sia per problemi di metodo sia per questioni di merito.
Nell’arco di poche ore le bordate contro la bozza di “riforma” presentata oggi dal Ministro si sono susseguite e sono arrivate da tutte le parti.
Molto fermi sono i sindacati.
“La lacuna più grave per il sistema di reclutamento che si prefigura – afferma Ivana Barbacci, segretaria generale di Cisl Scuola – è l’assenza di quanto il nostro sindacato rivendica da tempo, ossia un canale parallelo a quello dei concorsi destinato a valorizzare l’esperienza di lavoro maturata sul campo dal personale precario”.
“Sulla procedura concorsuale illustrata dal Ministro – prosegue Barbacci – l’impressione è che si tratti di un impianto ancora una volta costruito sulla carta, a forte rischio di incagliarsi nelle secche di una difficile gestione, si fatica a immaginare che possa essere un meccanismo attivabile ogni anno”.
“I principi alla base della riforma del reclutamento – sostiene invece Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda – possono anche essere condivisibili, e noi siamo a primi a sostenere che per la scuola secondaria va previsto un percorso di abilitazione come quello della primaria. Non siamo d’accordo, però, sulla parte transitoria, perché si delinea un iter troppo complesso rispetto alla situazione drammatica del precariato per la quale serve una procedura più snella”.
Ma gli aspetti della proposta di Bianchi che i sindacati non sono assolutamente disponibili ad accettare sono quelli relativi alla formazione in itinere e allo sviluppo delle carriere.
Il meccanismo viene descritto da Marcello Pacifico, presidente dell’Anief: “Il percorso di formazione e aggiornamento permanente, sarà articolato in cinque gradi. Il primo grado è conseguito al termine di un percorso di durata quadriennale. Tutti i successivi gradi, dal secondo al quinto, durano cinque anni. Ogni livello si conclude a seguito di una verifica finale collegata anche a una ‘valutazione del miglioramento dei risultati scolastici degli alunni degli insegnanti che accedono al percorso di formazione e aggiornamento’. Al raggiungimento di ogni livello di formazione scatterà la progressione salariale prevista dalla contrattazione nazionale attualmente legata esclusivamente all’anzianità di servizio”.
Cisl Scuola, per parte sua, si mostra disponibile a parlarne: “Bene l’intenzione di rafforzare e rendere sistematica la formazione in servizio, e non abbiamo preclusioni a possibili ricadute della formazione anche in termini di valorizzazione professionale e retributiva: ma si tratta di temi squisitamente contrattuali, non accettiamo l’ennesima invasione di campo legislativa su materie che vanno discusse al tavolo negoziale”.
E anche Rino Di Meglio (Gilda) sostiene: “I temi del reclutamento e della formazione iniziale e quelli della carriera e degli incentivi vanno affrontati separatamente, perché questi ultimi due attengono alla sfera contrattuale”.
Molto caustico Pino Turi, segretario generale di Uil Scuola: “Mentre si decide di ridurre per i prossimi anni la percentuale di spesa pubblica destinata al sistema di istruzione (-0,5% già in questo Def, pari a 7 miliardi e mezzo) e mentre le potentissime risorse del PNRR parlano di una modernità che non si realizza, si decide di utilizzare le risorse del PNRR destinate alla formazione – ce lo chiede l’Europa – per incentivare gli insegnanti a formarsi”.
Insomma, secondo Turi il Governo sta scoprendo le carte e così ci si troverà di fronte a “un contratto senza soldi e ad una formazione obbligatoria a premi (e forse anche gratis)”.
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