Il Messaggero ha aperto alla conoscenza un altro fronte di difficoltà, ma non solo, che riguarda la scuola e in modo particolare l’uso che gli alunni italiani incominciano a fare di twitter, eleggendolo a una sorta di pubblico confessionale per denunciare, ma pure per riderci, dei tic, dei nervosismi e delle idiozie delle nostre istituzioni scolastiche.
E allora, bagni senza carta igienica e gessetti da utilizzare in modalità “spending review”, botta e risposta alunni-prof e turni per andare al bagno, bidelli svogliati non meno del compagno di banco, che schiaccia un pisolino durante la lezione senza che nessuno se ne accorga. E poi, ancora, docenti in difficoltà con il pc, paura per le finestre che “si staccano”, ammirazione per i “graffiti” che decorano i corridoi.
C’è chi parla della chimera di avere un docente fisso: «Ogni settimana abbiamo un professore di arte diverso»; chi dice che l’insegnante di religione non fa che raccontare storie personali, salvo poi avere «il coraggio di mettere insufficiente»; chi osserva che la «prof di educazione fisica ha la stessa tuta da 50 anni». Ci sono i ragazzi che si cambiano in classe dopo le ore di educazione fisica perché non ci sono spogliatoi. Le classi «a forma di L», delle quali per ovvi motivi viene utilizzata solo una parte; l’acqua marrone che esce dai – pochi – rubinetti funzionanti.
E se gli edifici scolastici vengono quasi sempre descritti come inadatti, poco sicuri, freddi o sporchi, non va meglio al personale docente: gli studenti li considerano vittime dei loro discutibili comportamenti.
Poche sono le lodi «l’insegnante di inglese ci sa fare», molte le critiche: «ci chiedono di non usare il cellulare in classe ma poi, quando squilla il loro telefonino, rispondono sempre perché è un’emergenza»; «non vogliono che fumiamo, ma il preside va in giro con il sigaro».
I tweet si accavallano, si intrecciano, ce ne sono di tutti i tipi: alcuni divertenti, altri dissacranti, altri ancora a dir poco preoccupanti.
Quel che è certo, dice il Messaggero, è che, su twitter, gli studenti hanno aperto un varco a chiunque voglia comprendere il loro modo di vivere gli anni della scuola: una scuola che può permettersi di «comprare i registi-tablet ma non di mandarci in gita quest’anno». Ci sono poi i vizi e le tendenze dei giovanissimi, «se non fumi sei uno sfigato», le mode del momento «le ragazze hanno le treccine».
Tra i tanti “cinguettii”, sottolinea il quotidiano, quel che emerge è il ritratto di una scuola in crisi e di una generazione complessa: spesso ineducata, ma anche attenta ai dettagli e, tutto sommato, dotata di un discreto senso dell’ironia.
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