Il ministro Patrizio Bianchi ha firmato il decreto che indirizza la funzione tecnico-ispettiva “alla realizzazione dei compiti di istruzione e di formazione delle istituzioni scolastiche e orienta le strategie di innovazione e di valutazione del sistema scolastico”.
Si tratta di un orientamento che, oltre a trascurare la responsabilità primaria delle scuole, l’educazione dei giovani, ripropone un modello che contrasta con le disposizioni sull’autonomia scolastica. Essa “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti”.
La decodifica della norma disegna l’ambito in cui il problema sarebbe dovuto essere collocato. Due ne costituiscono i pilastri: la struttura funzionale e la modalità operativa.
Il primo s’identifica nel rapporto che lega i tre orientamenti:
- la sequenza educazione-istruzione-formazione è tipica delle attività etiche, mirate a plasmare i giovani rispetto al modello d’uomo cui s’ispirano.
L’insegnamento impartito nei seminari è funzionale a tale visione.
- Il concatenamento istruzione-formazione-educazione, che ben si attaglia in situazioni statiche, conduce alla professionalizzazione, all’addestramento.
Il decreto in oggetto, che ha come riferimento l’insegnamento universitario, risponde a tali esigenze.
- La progressione formazione-educazione-istruzione poggia sul presupposto che l’individuo trovi la propria identità all’interno della società di cui è parte.
Ne discende: la conoscenza è strumentale allo sviluppo delle capacità e delle competenze necessarie per l’ingresso dei giovani in un contesto dinamico e complesso. La finalizzazione dell’autonomia, espressa da “mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti”, indica la scelta del legislatore, inequivocabilmente.
La progettualità è il secondo pilastro: consiste nella definizione dei traguardi, nell’adozione di strategie, nel controllo. La gestione scolastica ha eluso la disposizione: i Consigli d’istituto non hanno progettato l’attività formativa, i Collegi dei docenti non hanno progettato percorsi educativi, i Consigli di classe non hanno progettato l’istruzione, coordinando gli insegnamenti. Al termine “progetto” non è stato assegnato il giusto significato di filo conduttore della gestione di tutta la scuola; è stato applicato a specifiche problematiche, nell’indifferenza istituzionale.
E’ pur vero che tra i compiti degli ispettori, fissati nel decreto, è indicato il sostegno alla progettazione ma è solo un titolo: nel suo sviluppo le competenze progettuali non sono previste.
Se la norma sull’autonomia scolastica avesse guidato la mano del ministro, la direzione del decreto sarebbe stata capovolta; sarebbero state individuate le necessarie vie per insufflare lo spirito vitale negli organismi collegiali.
Enrico Maranzana