Importante retromarcia del ministro dell’Istuzione, Mariastella Gelmini, a proposito della volontà, espressa appena tre giorni fa, di regionalizzare le graduatorie ad esaurimento dando maggiore valenza al servizio svolto dai docenti residenti: in un’intervista rilasciata al settimanale Panorama, in edicola il 23 aprile, il responsabile del Miur ha ammesso, per la prima volta, che “la Lega chiede gli albi regionali, ma non è affatto detto che ci si arrivi“. Per poi aggiungere: “non vogliamo una scuola regionalizzata“. Sulla precisazione hanno probabilmente pesato non poco le accuse mosse dall’area politica riconducibile al presidente della Camera, Gianfranco Fini, a proposito della subalternità del Pdl rispetto alla Lega. L’impressione, a questo punto, è che la partita sia ancora aperta: lo lascerebbe intendere, nella stessa intervista, il riferimento del ministro al fatto che ora “per il sindacato si apre una grossa sfida“. Ciò significherebbe che i rappresentanti dei lavoratori potranno in qualche modo concertare l’introduzione dl nuovo modello di reclutamento del personale. Che quindi non verrebbe imposto dall’alto, come sembrava trapelare delle parole del ministro alla sua prima uscita pubblica, al Pirellone di Milano, dopo il parto della primogenita.
Nell’intervista al settimanale, Gelmini è anche tornata sugli annunciati aumenti agli insegnanti. Il ministro ha specificato che incentiverà solo “quelli bravi” e che verranno sanciti attraverso un progetto contenuto in un disegno di legge pronto per l`autunno: il ddl, almeno nelle intenzioni del primo inquilino del Miur, dovrebbe rivoluzionare la scuola. Tanto che, sempre secondo il ministro, si tratterà della “riforma delle riforme“. Gelmini ha anche reso pubblica la quota complessiva dei beneficiari (individuati attraverso apposite commissioni) dell’incremento di stipendio: riguarderà “120-150.000 insegnanti italiani, circa il 30-40 per cento del totale”, debitamente selezionati grazie all’operato di “apposite commissioni”.
Anche questo secondo argomento toccato dal ministro merita qualche riflessione. La prima è meramente numerica: essendo i docenti della scuola italiana circa 800.000, la quota indicata (120-150.000) appare dimezzata rispetto al 30-40 per cento, che infatti corrisponde ad una quota che varia tra i 240.000 ed i 300.000 insegnanti. La seconda riflessione è relativa al fatto che sono passati quasi 20 mesi da quando il ministro Gelmini, durante la trasmissione “Porta a Porta”, rese nota l’intenzione di voler introdurre il modello premiante: un modello che avrebbe dovuto auto-finanziarsi trattenendo nella scuola circa un terzo dei risparmi ottenuti dalle Finanziarie tagli-posti e che avrebbe portato nelle tasche dei docenti più bravi e qualificati tra i 5 e i 7 mila euro lordi. I premi, aveva assicurato nell’occasione Gelmini, scatteranno gradualmente “già a partire dal 2010-2011”. Ora, se la promesse deve essere mantenuta, sarà importante che la macchina organizzativa dell’amministrazione si muova in fretta: a meno che non si vogliano introdurre le modalità di premio ad anno scolastico già avviato (cambiando così in corsa le regole del “gioco”), i tempi per l’introduzione degli incentivi appaiono davvero stretti.