Il Ministro dell’Educazione Nazionale lo ha definito in questi giorni “una sconfitta di tutti”, ma i genitori della giovanissima Lindsay, 12 anni, suicidatasi a casa dopo un anno di insulti e violenze, subiti a scuola e sui social, non ci stanno. E hanno sporto denuncia, anzi quattro denunce: una contro la scuola frequentata dalla figlia – una scuola media di una cittadina dell’estremo nord della Francia – per omissione di soccorso; una, con la stessa motivazione, contro la polizia; un’altra contro il Provveditorato di Lille da cui dipende la scuola e un’ultima, ma non meno importante, contro Facebook, ritenuto corresponsabile della morte della ragazza per non avere provveduto a cancellare le decine e decine di insulti, anche molto pesanti, lanciati quotidianamente contro Lindsay. Che alla fine non ce l’ha fatta più. I genitori accusano la scuola di averli lasciati da soli, di non averli mai ascoltati, di avere sottovalutato il problema senza intervenire in alcun modo. Di avere lasciato, dunque, via libera ai bulli, quattro dei quali sono adesso sotto inchiesta per atti di bullismo con l’aggravante di avere provocato la morte del soggetto vessato. Ricordiamo che dal 3 marzo 2022 il bullismo scolastico in Francia è un reato che prevede pene pesanti: fino a dieci anni di carcere se la violenza conduce al suicidio della vittima.
Il caso ha avuto un’eco mediatica enorme in Francia, il Paese intero è scosso da questa violenza inaudita, perpetrata da minori, che – pare – stia proseguendo anche dopo la morte della ragazza che continua a essere oggetto di frasi e propositi irripetibili.
Come intervenire di fronte a tanta malvagità? Secondo le ultime stime ministeriali, un ragazzo su dieci in Francia è vittima di bullismo. Ultimamente il Governo ha messo in campo le sue forze per lottare contro questo bubbone che avvelena l’aria delle scuole e di tutta la società e ha prodotto un dispositivo testato oggi nel 64% delle scuole elementari e nel 91% dei Collèges, le scuole medie francesi. Presto sarà esteso anche alla secondaria di secondo grado. Ogni istituto si impegna a dotarsi di un cellula d’intervento anti-bullismo composta da docenti e, laddove presenti, psicologi. Ha il compito di reperire gli studenti che tendono a isolarsi, le possibili potenziali prede dei prepotenti di turno, trattando i conflitti con il metodo della preoccupazione condivisa: colloqui con le vittime, con i bulli e con le famiglie degli uni e degli altri. Il bullo è denominato piuttosto “intimidatore” e nella prima fase del percorso non viene sanzionato perché si tende ad agire sulle sue potenzialità empatiche, in modo da farlo diventare parte della soluzione del problema.
Purtroppo per la povera Lindsay, o ha avuto la sfortuna di finire in uno dei pochi Collège in cui il dispositivo anti-bullismo non è ancora attivo oppure questo non ha funzionato a dovere. E’ davvero una sconfitta di tutti.
Un altro caso relativo ad una persona esterna alla scuola che si è introdotta in…
I docenti, soprattutto coloro che insegnano nella scuola secondaria di secondo grado, sono frustrati perché…
Si è svolto lo scorso 20 novembre al Ministero dell'Istruzione e del Merito l’incontro di…
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Ministro dell’Istruzione…
Continuano in modo frenetico gli incontri tra organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL 2019/2021 e i…
L'insegnante di sostegno che è stata aggredita da una schiera di trenta genitori inferociti è…