Il periodo di crisi attuale, transitato da emergenza sanitaria a bellica, energetica ed economica, ha messo a dura prova la resistenza del Vecchio Continente e della sua popolazione, sottoposta a misure restrittive e ad un cambio di passo talvolta sensibile e decisivo nel proprio stile di vita. Categoria più colpita, come di evince dai recenti reports OMS ed UNICEF, quella di bambini, adolescenti e studenti, sottoposti ad impressionante pressione psicologica che ha dato luogo a psicopatie e relativi spettri, specie negli individui più deboli e compromessi socialmente, specie a scuola. Le famiglie, spesso sottoposte a crisi professionali, lavorative e d economiche hanno reagito come possibile, spesso non riuscendo a prendersi cura dello stato di salute mentale di ragazzi e ragazze; la scuola, vista la DAD, ha fatto il possibile per non abbandonare le famiglie e stare loro vicino, specie negli istanti di isolamento per i soggetti risultati positivi. Con la rimozione delle misure restrittive, per alcuni soggetti, il contatto con un mondo in relativa ripartenza professionale ed accademica è risultato assai problematico e talvolta traumatico, con episodi annessi dissociativi. Molti ragazzi hanno sviluppato episodi di ansia sociale e da prestazione, episodi brevi o prolungati di depressione; in casi particolari si sono registrati tentativi, raramente riusciti, di suicidio, specie nei Paesi Baltici e Polonia, ove tale fenomeno è più consistente. Le autorità europee, secondo i recenti report, hanno lanciato l’allarme su specifiche aree del Vecchio Continente, dove il monitoraggio di tali episodi è più attivo e consistente.
Un sondaggio condotto su quasi 185.000 alunni delle scuole in Polonia ha rilevato che quasi un terzo afferma di non avere voglia di vivere e quasi uno su dieci ha tentato il suicidio. Sebbene lo studio non sia stato condotto utilizzando un campionamento casuale, ha aggiunto prove di crescenti problemi di salute mentale tra i giovani polacchi. La ricerca è stata condotta attraverso un questionario online anonimo in 1.923 scuole polacche che hanno aderito volontariamente al progetto. Di solito veniva svolto durante le lezioni di informatica o in lezioni speciali destinate ad affrontare argomenti importanti per lo sviluppo sociale e il benessere dei ragazzi. Gli studenti potevano decidere se volevano partecipare e richiedevano anche il consenso dei genitori. Coloro che hanno iniziato a completare il sondaggio ma non l’hanno completato (circa il 20% degli intervistati) non sono stati inclusi nei risultati finali. L’organizzazione dietro lo studio – la Fondazione Unaweza, il cui fondatore e capo è Martyna Wojciechowska, una nota presentatrice televisiva – riconosce che il metodo di campionamento non casuale rende difficile stabilire un gruppo di ricerca rappresentativo. Tra i 184.447 intervistati, dai 9 anni in su, il 37,5% ha riferito di sentirsi solo, il 32,5% ha affermato di accettare chi sono o il loro aspetto e il 28% ha affermato di non avere voglia di vivere. Gli autori del rapporto ritengono che i risultati mostrino che uno studente su tre sospetti di depressione. Oltre il 39% degli intervistati ha dichiarato di aver pensato di tentare il suicidio. Quasi uno su cinque (18,6%) aveva pianificato il suicidio e quasi uno su 10 (8,8%) lo aveva tentato. Tra gli alunni della scuola primaria, il 6,7% ha dichiarato di aver tentato il suicidio. Lo studio ha rilevato che il fattore principale che influenzava la probabilità di depressione e pensieri suicidi era la mancanza di un senso di agenzia, competenza o fiducia in sé stessi. Nel Baltico registrano eventi simili, probabilmente connessi al clima poco ospitale ed al buio perenne durante i mesi invernali.
L’allarme suicidi non si isola solo nel Nord Europa, ma coinvolge paesi caldi e mediterranei, come l’Italia. Numerosi gli studenti ed i bambini coinvolti in episodi pericolosi di autolesionismo e tentato suicidio in rapporto alla popolazione giovane del nostro paese. Il caso universitario, come sollevato da numerosi articoli pubblicati da La Tecnica, è finito sui maggiori rotocalchi internazionali e locali: in Italia l’ansia da prestazione è diffusissima tra gli studenti, che avvertono costante pressione sociale e talvolta dalle famiglie. Undici studenti in tutto, nell’ultimo biennio, hanno perso la vita. Situazioni differenti ma omologate da un tragico filo conduttore: l’ansia da prestazione che veicolava menzogne ai genitori circa i risultati conseguiti negli studi, isolamento psicologico, mancanza di obiettivi, smarrimento, disperazione, paura di non riuscire, il desiderio di morire. IL PD, in particolare, ha richiesto interventi urgenti con il fine di arginare il fenomeno, attraverso il noto Bonus Psicologo, che alcuni Enti Locali e Regionali hanno messo a disposizione degli studenti e del personale scolastico ed universitario in difficoltà. Si sono moltiplicati gli sportelli d’ascolto con il supporto di Enti e specialisti talvolta privati in tutto il paese, in particolare negli Atenei dove la situazione risulta più critica. Il caso del Gaslini di Genova è esemplare ed indicativo della criticità e dell’urgenza di arginare il fenomeno attraverso interventi strutturali ed efficaci a lungo termine, anche in approccio didattico finale: i ragazzi e le ragazze ricoverate per problemi di salute mentale erano, al 2019, furono 72. Ad oggi, a livello sempre annuale, il dato è di 270, più che triplicato.
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