Ieri abbiamo parlato della tragica notizia relativa al ragazzo di quindici anni che si è tolto la vita con la pistola del padre Senigallia, trovato morto dopo qualche ora dalla sua scomparsa. Si pensa che dietro il gesto ci sia una situazione di disagio causato dagli atti di bullismo di cui era vittima a scuola, tanto da spingerlo a non voler più andarci.
Il ragazzo aveva appena iniziato il secondo anno delle superiori in una scuola diversa, e già dal secondo giorno è stato preso di mira. I compagni di scuola gli strizzavano i capezzoli, lo colpivano nelle parti intime, gli facevano una voce effeminata. Quando ne ha parlato la prima volta con la madre non voleva nemmeno ripetere gli insulti. Il dirigente scolastico della scuola che frequentava in precedenza ha detto: “Aveva cambiato scuola per questioni di interesse didattico, nonostante sia stato promosso senza problemi. Non è mai emerso che qui fosse stato bullizzato”.
Alle 3 del mattino del 14 ottobre poi si è allontanato da casa con il cellulare spento e si è tolto la vita in un casolare. La procura di Ancona ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. “Se qualcuno avesse parlato prima invece di fare gruppo con i prepotenti forse sarebbe ancora qui”, dice la legale a La Stampa.
L’arma, del padre vigile urbano, era correttamente riposta in un armadietto blindato. Il 15enne lo ha aperto perché sapeva dove era nascosta la chiave. Per questo ora si indaga anche per omessa custodia nei confronti dei genitori.
Come riporta Il Corriere della Sera, ci sono due nomi, quelli di due compagni di classe, presunti autori di insulti irriferibili e vessazioni, anche fisiche, sempre più pesanti. I suoi modi gentili erano oggetto di scherno, continue offese volgari. Ma non solo. Poteva capitare che al bagno venisse circondato allo scopo di essere “pizzicato” dolorosamente e anche con delle percosse violente in tutto il corpo.
Mercoledì il ragazzo è tornato da scuola con un’espressione diversa sul volto, forse più risoluta. La mamma gli ha chiesto cosa fosse successo e lui ha risposto che aveva “fatto quel che deve fare ogni uomo”, ovvero offrire “la mano, in segno di pace”. Ai due bulli, il ragazzo aveva proposto una specie di distensione, con queste parole: “Adesso basta, smettetela. E diventiamo amici”. “Ma all’indomani i soprusi sono ripresi. E semmai ancora più insopportabili”, ha detto la legale della famiglia.
Sempre il bullismo sarebbe dietro al tentativo di suicidio di una ragazza di quattordici anni che ieri, a Palermo, si è lanciata dal balcone al secondo piano di un palazzo.
Per fortuna la piccola non è morta: è stata trasportata in ospedale ed ha un trauma addominale che interesserebbe la milza. Si indaga per capire cosa ci sia dietro questo gesto estremo.
Tra le ipotesi al vaglio degli investigatori anche quella che il gesto possa essere collegato a bullismo a scuola.
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