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Suicidio Senigallia, la madre del 15enne: “Se i docenti fossero intervenuti forse le cose sarebbero andate diversamente”

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La madre del quindicenne di Senigallia che si è tolto la vita usando la pistola del padre vigile urbano in un casolare qualche giorno fa, dopo essere stato per giorni vittima di bullismo a scuola, ha rilasciato una toccante intervista a Il Resto del Carlino.

“Era un angelo. Un ragazzo molto socievole e buono disposto ad aiutare sempre tutti. Era un ragazzo sensibile che non ha mai offeso nessuno con le parole”, ha detto, parlando di suo figlio.

Il messaggio della donna ai bulli e al dirigente scolastico

Ecco cosa si sente di dire ai presunti bulli: “Mi hanno tolto mio figlio. In questo momento non sono pronta a perdonarli, ma prego per loro che capiscano quello che hanno fatto e che non si comportino mai più così con nessuno”.

Rivolgendosi, invece, al dirigente scolastico, ha detto: “Io ho affidato alla scuola mio figlio e la scuola avrebbe dovuto vegliare e proteggerlo, e a lui non perdonerò mai la mancata protezione di mio figlio”. Ecco cosa ha detto, a Il Corriere della Sera, sulla folla al funerale del ragazzo: “Tutta questa gente prima dov’è stata? Dov’era? Io non l’ho vista aiutare quando lui ne avrebbe avuto bisogno. A un certo punto della cerimonia si è avvicinato il preside per farmi le condoglianze, a due passi c’era la bara. Io gli ho detto solo: ‘La prego di allontanarsi da me per favore'”.

“L’avevano preso di mira in tre e io dicevo a lui: almeno difenditi! Ma era troppo buono, mite, un bambino d’oro. Il 7 ottobre, dopo che da giorni lo vedevamo abbattuto e lui continuava a dire che non voleva più studiare, che non voleva andare a scuola, io e suo padre, vigile urbano, abbiamo deciso di fare tutti insieme una passeggiata per affrontare il problema. E un po’ si è aperto. Diceva: mamma io mi vergogno a riferirti le parole con cui mi offendono, oscenità di tipo sessuale. E io allora gli dicevo: ma tu l’hai detto ai professori? E lui rispondeva: sì ma vanno avanti con la lezione come niente fosse. Il 9 ottobre era andato a parlare col prof di sostegno, ma quello gli aveva spiegato che la scuola è obbligatoria fino a 16 anni. E allora io insistevo: andiamo dai carabinieri, denunciamo quei tre ragazzi, ma prendeva tempo, sperava che prima o poi l’inferno finisse. Il 10 ottobre, tre giorni prima di spararsi in bocca con la pistola del padre, è tornato a casa e ha detto: mamma ho sistemato la cosa da me, ho fatto l’uomo, ho stretto la mano a uno di loro. Ma il giorno dopo, venerdì 11 ottobre, l’ho rivisto muto, angosciato. Di nuovo diceva che non voleva tornare più in quella scuola. La domenica sera s’è ucciso”.

“Avevamo detto a mio figlio di fare la denuncia, ma lui non voleva perché aveva paura, perché sperava di risolvere tutto parlando con quei ragazzi, perché lui era buono. Non lo so cosa sarebbe successo se avessimo fatto subito la denuncia so invece quello che è successo.. io non ho più mio figlio. Se il professore di sostegno ci avesse avvertiti, se i docenti fossero intervenuti forse le cose sarebbero andate in maniera differente, ma io questo non lo posso sapere”, ha concluso, attaccando anche gli insegnanti del figlio.

Nel frattempo il caso, come scrive Il Corriere della Seraè passato alla Procura dei Minori. Il fascicolo aperto per istigazione al suicidio è passato alla Procura dei minori, perché quella ordinaria non ha ravvisato reati penali. Un passaggio obbligato a fronte della denuncia presentata dai genitori del ragazzo che coinvolge tre minorenni, compagni di classe del quindicenne.

La legale della famiglia all’attacco

“Non mi ha sorpreso la decisione della Procura di non procedere penalmente nei confronti della scuola in quanto, dimostrare la responsabilità penale di un istituto scolastico è quasi impossibile“, ha detto a LaPresse la legale della famiglia del giovane.

“A mio parere – sottolinea – vi è una responsabilità civilistica ravvisabile nei comportamenti dell’istituto scolastico in quanto vi è una culpa in vigilando. Mi auguro che tutto il mondo non debba più assistere ad episodi del genere e che la scuola riprenda l’autorevolezza che dovrebbe contraddistinguere ogni istituto scolastico, che dovrebbe essere un luogo sicuro per tutti gli utenti, un luogo di crescita e di sviluppo per tutti”.

L’avvocata è pronta a chiedere un incontro anche con il ministro Valditara “per informarlo delle testimonianze che sto ricevendo da diversi genitori a proposito di casi di bullismo che si sono verificati al Panzini. Gli farò avere un dossier se non posso incontrarlo”.

Le parole del docente di sostegno

Il docente di sostegno, sentito dai carabinieri, ha confermato di aver parlato una settimana fa con il ragazzo e di aver ascoltato da lui il desiderio di lasciare la scuola, “ma il ragazzo non mi espresse alcun disagio, così non mi preoccupai più di tanto e non chiamai la madre”. 

Durante il funerale un sms ha fatto vibrare il cellulare dell’avvocata: “Erano le 15.42 — racconta — a scrivermi una mamma, per segnalarmi un altro caso di bullismo che avrebbe avuto come vittima sua figlia l’anno scorso, sempre al “Panzini”, sempre in una classe di seconda. Indagate sulla scuola, così si concludeva l’sms”.