Il Governo metterà in campo tutte le forze per attuare una riforma dello stato giuridico dei docenti che dia loro la possibilità di fare carriera e ai presidi di scegliere i propri insegnanti: conferme importanti in questa direzione sono giunte il 5 maggio a Roma, presso Palazzo Marini, dove si è svolto il convegno “Carriera degli insegnanti per il nuovo governo delle scuole”. Tra i relatori c’erano l’on. Valentina Aprea, Presidente della commissione Cultura alla Camera, ed il Ministro Gelmini. Entrambe le autorità hanno spiegato che le forze di maggioranza del Parlamento hanno intenzione di cercare il massimo dei consensi, anche tra l’opposizione, per portare a termine il Ddl. Dopo le tante audizioni degli ultimi mesi le Commissioni Cultura sembrano aver attuato alcune modifiche all’impianto iniziale: ma rimangono saldamente in piedi i passaggi sulla valutazione dei docenti e sulla loro selezione attraverso la chiamata diretta da parte dei presidi.
“Sulla riforma dello stato giuridico dei docenti – ha detto l’on. Aprea – il Parlamento intende andare avanti sino in fondo: ci teniamo molto a mantenere e rafforzare l’autonomia degli istituti attraverso delle reti di scuole gestite da dirigenti e commissioni che valutino progetti ed insegnanti in modo da garantire alti livelli di offerta formativa”.
Aprea ha ricordato che attraverso questa legge sarà possibile introdurre nella scuola elementi “più liberali: favorendo, perchè no, l’introduzione di Fondazioni ed il superamento del valore legale del titolo di studio”. Poi ha spiegato che “è ora di superare l’elitismo gentiliano attraverso una nuova organizzazione del lavoro dei docenti: il Collegio dei docenti, risalente agli anni Venti, deve essere sostituito da dei Dipartimenti più attivi e aderenti alle necessità”. Il primo firmatario del ddl in esame alla Commissione Cultura della Camera ha poi voluto tranquillizzare quelle persone “che non fanno più sonni tranquilli per il timore di vedere i Consigli di amministrazione nelle scuole: ad introdurre questa provocazione – ha detto Aprea – a dire il vero era stato per la prima volta l’ex ministro Fioroni alla vigilia del rilancio del Governo Prodi. Ora, rivedendo il tutto, noi abbiamo deciso che non punteremo su dei Cda ma su dei Consigli di indirizzo”.
Aprea ha ricordato che attraverso questa legge sarà possibile introdurre nella scuola elementi “più liberali: favorendo, perchè no, l’introduzione di Fondazioni ed il superamento del valore legale del titolo di studio”. Poi ha spiegato che “è ora di superare l’elitismo gentiliano attraverso una nuova organizzazione del lavoro dei docenti: il Collegio dei docenti, risalente agli anni Venti, deve essere sostituito da dei Dipartimenti più attivi e aderenti alle necessità”. Il primo firmatario del ddl in esame alla Commissione Cultura della Camera ha poi voluto tranquillizzare quelle persone “che non fanno più sonni tranquilli per il timore di vedere i Consigli di amministrazione nelle scuole: ad introdurre questa provocazione – ha detto Aprea – a dire il vero era stato per la prima volta l’ex ministro Fioroni alla vigilia del rilancio del Governo Prodi. Ora, rivedendo il tutto, noi abbiamo deciso che non punteremo su dei Cda ma su dei Consigli di indirizzo”.
Nessun ripensamento, invece, sull’esigenza di aprire maggiormente la scuola all’esterno: “gli istituti vanno aperti agli enti locali – ha spiegato Aprea – ed in generale alle rappresentanze territoriali”. Confermati anche gli organi di valutazione: “questi li lasceremo realizzare all’interno dei singoli istituti attraverso l’operato di dirigenti e di commissioni ad hoc: saranno loro, operanti anche a livello di reti di scuole, a valutare i progetti e gli insegnanti, in modo da garantire i livelli dell’offerta contenuta in ogni Pof”. Sul fronte della formazione dei docenti, senza dare troppe spiegazioni il rappresentante del Pdl, candidato alle europee ha detto che nel ddl “stralceremo invece la parte della formazione iniziale”.
Tra coloro che hanno stilato le conclusioni Giorgio Rembado, presidente dell’Anp, tra gli organizzatori del convegno, ha spiegato che sono tre i punti qualificanti del Ddl Aprea: meritocrazia, attuazione dell’autonomia scolastica, introdotta nel lontano 1997, e raggiungimento della qualità dell’istruzione. Obiettivi che possono essere perseguiti con alcuni strumenti essenziali contenuti nell Ddl che lo stesso Rembado si auspica di vedere presto approvato: “un nuovo sistema di Governo della scuola, che attribuisca in modo funzionale le responsabilità e l’autorità di decidere; l’introduzione di meccanismi di carriera che riconoscano il merito professionale; la valutazione per tutti gli attori del sistema (dirigenti, docenti, scuole, alunni)”.
Tutti concetti ripresi e avallati anche dal ministro Gelmini: “temi su cui però – ha sottolineato il responsabile del Miur – troppo spesso ci si avvicina con un approccio ideologico cadendo facilmente in contrapposizione. Su questi temi è vero che serve condivisione, ma noi comunque andremo sino in fondo. Lo dobbiamo fare – ha detto sempre Gelmini – a tutti i costi”. Il riferimento è stato all’opposizione (“non basta qualche singola apertura”) ma anche alle organizzazioni sindacali: “vorrei ricordare che il 30% dei tagli – ha sottolineato il ministro – andranno ai docenti migliori e su questo punto terremo duro malgrado ci siano forti spinte contrarie anche di carattere sindacale. Ed io ho il massimo rispetto per i sindacati ma la scuola, occorre ricordarlo, appartiene al Paese”.
Gelmini ha ricordato che il ddl è aperto ad accogliere emendamenti, “ma la valutazione degli apprendimenti e dei dirigenti rimane una priorità: vanno ampliati – ha spiegato il ministro – gli spazi di libertà e per questo vogliamo docenti pagati in base al merito. I dirigenti scolastici, che al pari degli apprendimenti verranno valutatati, devono avere la possibilità di scegliere gli insegnanti: altrimenti che dirigenti sono? Per questo serve un confronto oggettivo. Non vorrei banalizzare il tema del confronto ma credo che questa riforma è troppo importante e urgente per poterla rimandare. La riforma degli organi che operano nella scuola – ha concluso il ministro – è più importante di quella della giustizia e del federalismo perchè è dall’istruzione che bisogna partire per aiutare i giovani”. Insomma, l’impegno dei vertici della maggioranza sul fronte scuola c’è ed è palpabile. Mai come oggi per chi intende contrastare il progetto di riforma la strada è davvero in salita.