I figli della società di oggi si possono chiamare “i figli di cristallo”, perché vivono in una sfera di vetro frangibile che al minimo tocco si fa in mille pezzi.
I “figli di cristallo” sono, nella contemporaneità, allevati da genitori superapprensivi, i quali al minimo problema che accade tra le mura scolastiche o anche fuori dalla scuola si allarmano. E con chi si vanno a scagliare?
Col malcapitato insegnante di turno, al quale imputano tutte le colpe e le responsabilità del caso.
I “figli di cristallo”, assieme ai genitori devono capire che solo le cadute e il conseguente saper rialzarsi dalla caduta è segno di crescita e di maturità nell’adolescente.
Quante volte noi della cosiddetta “vecchia generazione” siamo caduti per strada, avevamo i ginocchi sbucciati dopo una partita di pallone, salivamo e scendevamo sentieri difficili senza avere un briciolo di paura. Eppure siamo andati avanti, siamo cresciuti, abbiamo assunto delle responsabilità, siamo, in parole povere, maturati e diventati adulti.
“I figli di cristallo” dell’epoca moderna sembra che hanno fretta di crescere, vogliono restare sempre eterni adolescenti e vivere come se fossero in una “campana di vetro”.
A farli diventare adulti deve essere la scuola e gli insegnanti perché i genitori non hanno mai tempo da dedicare alla crescita e alla educazione dei propri figli. Certo, non si vuole generalizzare, ma nella stragrande maggioranza dei casi è la nuda e cruda realtà, quella che viviamo tutti i giorni e che le cronache quotidiane ci propinano sulla condizione genitoriale nella società contemporanea.
Essere genitori, è vero, oggi è molto difficile (forse più di ieri) e spesso è un’impresa titanica educare al buon senso, al rispetto delle regole della civile convivenza.
Tuttavia accontentare sempre e comunque genera un “male” diffuso e fa “ammalare” il tessuto sociale. Dobbiamo metterci in testa che la scuola da sola non ce la fa a reggere l’urto: ha necessariamente bisogno della famiglia che deve dare l’impostazione educativa.
Ci dobbiamo convincere che quel famoso “Patto di corresponsabilità” che al momento dell’iscrizione viene consegnato alla famiglia, va letto, riletto, meditato, evidenziato altrimenti non serve a nulla…è solo carta straccia. I genitori devono apprendere bene il loro mestiere di “essere genitori”, responsabilizzando i figli, non aiutandoli a superare l’asticella degli ostacoli, perché le difficoltà nella vita si incontreranno sempre. Bisogna far capire ai figli che non è sempre scontata la vittoria, ma che è necessario saper accettare anche l’amarezza della sconfitta.
Perché prima o poi la vita li porterà ad affrontare grandi sfide e allora per i nostri ragazzi subentra la demoralizzazione, lo sconforto, il tedio, il “male di vivere” montaliano.
Per affrontare le emergenze educative è urgente ripartire dal tessuto familiare, quel tessuto che è ormai sfibrato, reciso, senza più cuciture e smetterla una volta per tutte di attribuire tutta la responsabilità alla scuola, agli insegnanti che giornalmente lavorano in “trincea” tra situazioni veramente difficili ed ai limiti della tolleranza.
Se i genitori ritornassero al loro ruolo primario senza accusare l’operato dell’insegnante che svolge il suo lavoro di facilitatore delle conoscenze e di coeducatore forse potremmo in un futuro non lontano recuperare quel tessuto sociale che si è annullato. Ma non lo sarà più, purtroppo.
Mario Bocola
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