Mentre nel pieno dell’emergenza sanitaria di qualche mese fa nessuno avrebbe mai affermato che lo stipendio di un infermiere o di un medico impegnati in massacranti turni in corsia fosse eccessivo e nessuno avrebbe dubitato che i loro compiti fossero indelegabili, in quegli stessi giorni di piena emergenza, improvvisamente, dalla sera alla mattina, le scuole italiane si sono trovate a dover funzionare integralmente (segreterie comprese) in un modo totalmente diverso dal solito, “a distanza”, per mezzo di piattaforme che molti non avevano neppure mai visto, e ai dirigenti scolastici è stata data la grande responsabilità di predisporre tale brusca, inattesa transizione.
Ho personalmente attivato due diverse piattaforme di didattica a distanza, creato gli account di ogni docente, informato le famiglie, consigliato, guidato e rassicurato i docenti sui tanti dubbi e le tante questioni che stavano emergendo, mi sono preoccupato, come tutti i miei colleghi, di far funzionare Segreteria e organi collegiali a distanza, di reperire e dare in prestito i dispositivi informatici a chi non li possedeva, di predisporre con i mediatori culturali ambienti di apprendimento a distanza per gli alunni stranieri e a volte anche di cercare di ripristinare il contatto con questi ultimi quando non se ne avevano notizie (perché è accaduto anche questo), di prestare la giusta attenzione all’efficace funzionamento della didattica per gli alunni con bisogni educativi speciali, di rimodulare assieme al Collegio dei Docenti i criteri di valutazione e l’Offerta formativa, di predisporre l’attuazione di un diverso tipo di esame finale.
I docenti del mio Istituto ben sanno quanto lavoro hanno affrontato ed ho anch’io affrontato, giorno e notte, assieme a loro. Mi consigliavano con affetto di prendermi più cura di me stesso e riposare di più, quando ricevevano magari una circolare alle tre del mattino.
I ritmi di lavoro con la didattica a distanza sono aumentati anche per noi dirigenti scolastici ma del resto, già dal 1° settembre 2019, giorno in cui sono diventato dirigente dopo un duro concorso durato due anni e brillantemente superato, ho potuto appurare sulla mia persona – immagino a differenza dell’On. Granato – l’enorme differenza di responsabilità e di carico di lavoro rispetto a quando ero un docente. Bisogna parlare per esperienza diretta. Fare paragoni, anche stipendiali, tra le due diverse professioni non ha sinceramente molto senso, sono ruoli entrambi delicati e importanti ma ben distinti: un dirigente è ormai assimilato nelle responsabilità a un datore di lavoro con centinaia di dipendenti e risponde del proprio operato davanti a migliaia di famiglie, tutti soggetti che ogni giorno hanno peraltro il diritto di interloquire col loro dirigente scolastico, il quale ha a sua volta il dovere di prestare la dovuta attenzione.
Nel mio caso, la media delle ore di lavoro – ma credo di poter parlare anche per la maggior parte, se non per la totalità, degli altri DS – sia in ufficio che poi a casa e spesso inclusi i weekend (non mi sono ancora potuto permettere un solo giorno di ferie, mentre molti adesso sono invece al mare) si è aggirata da subito tra le 10 e a volte persino le 18 ore al giorno, rispetto alle 36 ore “settimanali” che, come pubblici dipendenti, dovremmo in teoria svolgere (dico in teoria, perché si sa che il nostro è un ruolo basato più su obiettivi che su un preciso orario di lavoro).
Se fosse vero che si può delegare tutto al primo collaboratore, non vedremmo forse in questi giorni, come cronaca purtroppo ci mostra, vari dirigenti che chiedono formalmente di rientrare nel precedente ruolo di docente.
Dato che purtroppo vedo che si è costretti a parlare di denari, mentre ci occupiamo quotidianamente di questioni ben più alte, come l’educazione dei giovani, è bene riflettere sul fatto che, prima del sensibile aumento di stipendio che abbiamo recentemente ottenuto, un dirigente scolastico con tale carico di lavoro e responsabilità (inclusa la sicurezza, lo ricordo) guadagnasse, di base, poco più di duemila euro, a volte anche meno, dunque, di un docente a fine carriera, per il quale era stato magari contrattato internamente un buon compenso come collaboratore del dirigente.
Non solo, dunque, il rinforzo di un FUN indebolito, di cui in questi giorni si parla e che permetterà agli stipendi dei dirigenti di non scendere perlomeno sotto la soglia attuale, risulta a mio avviso opportuno e rispettoso della nostra dignità umana e professionale ma mi auguro altresì che la politica non dimentichi di portare a termine l’effettivo adeguamento del nostro stipendio rispetto a quello degli altri dirigenti pubblici (tra i quali siamo i meno pagati), né dimentichi ovviamente un giusto, progressivo adeguamento dello stipendio dei docenti, i quali, assieme a noi dirigenti scolastici e a tutti gli altri operatori e amministratori del mondo della scuola (che mi sento ogni giorno di ringraziare), hanno l’onore e l’onere di vedersi affidata la crescita civica, umana e culturale dei nostri giovani. Per la quale non c’è prezzo.
Il mondo della scuola è il primo e più diretto responsabile, assieme alle famiglie, di ciò che sarà l’Italia di domani e quindi anche dello sviluppo sociale ed economico di questo meraviglioso Paese.
In un momento così delicato della storia della scuola italiana, docenti e dirigenti, che si stanno facendo in quattro per garantire, nonostante la pandemia, un servizio pubblico di qualità (ma direi innanzitutto “per garantirlo”) vanno piuttosto ringraziati e adeguatamente supportati, specialmente in questi precisi giorni in cui stiamo predisponendo, assieme al Ministero e agli Uffici scolastici territoriali, la complessa riapertura di settembre. Se dunque l’On. Granato, che invito volentieri a trascorrere una giornata di lavoro al mio fianco, rivolgendosi agli insegnanti, afferma giustamente che “chi non riconosce la vostra professionalità non merita i vostri sacrifici”, ella certamente converrà, non ne dubito, che lo stesso debba valere anche nei confronti dei dirigenti scolastici.
Marco Fedi
dirigente scolastico a Prato
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