Sta scritto nel vangelo di Luca (22, 32): “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”. Oggi, dopo quasi otto anni, nelle celebrazioni eucaristiche non sarà più ricordato il nome di Benedetto XVI.
• L’11 febbraio u.s., Benedetto XVI ha annunciate la sua “abdicazione” dalla cattedra di San Pietro. Qualche ora dopo il cardinale di Cracovia Stanislaw Dziwisz, segretario personale di Giovanni Paolo II fino alla sua morte nell’aprile 2005, ha commentato in modo caustico: “Dalla croce non si scende. Giovanni Paolo II scelse di andare avanti. I primi sintomi del Parkinson lo avevano colpito nel 1991 ma dichiarò più volte che avrebbe lasciato solo se fosse diventato mentalmente inabile in maniera irreversibile”. Ratzinger, invece, aveva già ribadito la propria posizione possibilista di fronte ad ritiro anticipato dal ruolo di pontefice. In particolare, aveva dichiarato, in un libro-intervista uscito nel novembre 2010, Luce del mondo: ”Se un papa si rende conto con chiarezza che non è più capace, fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo, di dimettersi”.
• Il 12 febbraio u.s., Giovanni Avena ha scritto su “Adista” (Agenzia di fatti notizie avvenimenti su mondo cattolico e realtà religiose): “Papa Benedetto XVI non ce l’ha fatta e ha gettato la spugna. Voleva ricondurre la Chiesa nel contesto dottrinale e disciplinare del Concilio di Trento, stoppando il più celermente possibile le innovazioni del Vaticano II. Aveva accusato i ministri della Chiesa di “tradimento e di “abuso della Parola”, di “superbia e autosufficienza”… “Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote, quanta sporcizia c’è nella Chiesa”. Ratzinger da Papa aveva programmato di purificare la Chiesa dal dramma della pedofilia dei preti, dagli abusi dei fedeli in fatto di sessualità e di bioetica, dai preti omosessuali, dal carrierismo degli ecclesiastici. Ma negli otto anni di pontificato ha visto diffondersi la “sporcizia” e le disobbedienze. Ratzinger, al timone della barca di Pietro, in un mare in tempesta, ha sentito di non avere avuto e di non avere il vigore necessario per affrontare la tempesta e gli scogli: ha accettato la sconfitta, gettato la spugna ed è sceso dalla “cabina” della barca.
• Un giorno lontano duemila anni fa, Gesù domandò ai suoi discepoli(Mt 16,13-19): “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù gli disse: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Per l’occasione storica che stiamo vivendo, a tutti i lavoratori della conoscenza (e allo stesso Ratzinger) vogliamo suggerire la lettura di tre libri: “Una barca nel bosco” (di Paola Mastrocola), “Le chiavi del regno” (di A. J. Cronin) e soprattutto “L’ultima tentazione di Cristo” (di Nikos Kazantzakis).
E’ probabile che Benedetto XVI si sia sentito fuori posto come una barca nel bosco. Ma di questa barca lui era il timoniere. E’ possibile che abbia sentito il peso delle chiavi del regno. Ma non era il caso di restituirle al “proprietario”. E’ certo che ha ceduto all’ultima tentazione di Cristo, scendere dalla croce e non completare la sua missione. Ma il peccato di omissione è altrettanto grave di quelli in pensieri, parole ed opere!
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