Secondo uno studio pubblicato dall’Ocse, l’Italia figura fra la Norvegia, la Spagna, la Svezia e la Svizzera dove gli immigrati di seconda generazione mostrano un attaccamento alle istituzioni scolastiche quasi uguale a quello dei loro coetanei italiani: il 74,2% contro il 77,8%.
Tuttavia in Nazioni come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti gli ultimi arrivati sono anche quelli che manifestano un maggior senso di appartenenza, superiore perfino a quello di chi in quei Paesi ci è nato: rispettivamente 84,1% e 86,8%.
In Italia, gli alunni arrivati in un secondo momento, sono invece quelli che scontano il maggior gap nelle competenze scolastiche e che si sentono meno a loro agio in classe, in pratica sono solo il 69,1%. In Francia la differenza è però più ampia. Qui gli alunni di seconda generazione mostrano un tasso altissimo di alienazione: il loro senso di appartenenza crolla al 39,5%, anche se va detto che pure i figli e nipoti di francesi doc sono fermi al 48,5%.
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Spiegano gli esperti: “In Italia nel 2012, anno dell’ultima rilevazione Pisa sulle competenze dei quindicenni, gli studenti con un background d’immigrazione erano il 7,5%. Se è vero che tale percentuale è inferiore alla media Ocse, tra il 2003 e il 2012 è cresciuta di 5 punti percentuali, uno degli aumenti maggiori tra i Paesi che hanno preso parte al test. L’Italia ha poca storia ed esperienza nell’integrazione di studenti “stranieri”: lo ammettono anche gli insegnanti. Secondo lo studio Talis, più di un professore su quattro (il 27%) dice di sentire l’esigenza di ricevere un supporto per sviluppare le sue capacità didattiche sotto questo aspetto. Nei Paesi Bassi e in Australia, invece, meno del 5% degli insegnanti si dichiara in difficoltà a fronteggiare la multiculturalità in classe”.
«Le scuole – notano ancora gli esperti Ocse – hanno poca esperienza e capacità nel favorire l’integrazione di questi ragazzi. E mentre i “second generation” che hanno 15 anni sono ancora pochi in Italia, sono tanti proprio i nuovi immigrati». Ma è già confortante sapere che, benché non riusciamo ancora a intervenire con la necessaria tempestività per aiutare i neo arrivati a inserirsi con profitto a scuola, i «nuovi italiani» hanno davvero già il «passaporto» italiano. Gli manca solo la carta d’identità.