Procedono ad ampio raggio le indagini della Procura di Napoli sulla morte del piccolo Giuseppe di Cardito, 7 anni, per la quale sono già stati arrestati la madre e il suo convivente.
Secondo quanto riportato da diverse testate e agenzie di stampa la magistratura sta indagando anche sul personale dell’Istituto Comprensivo “Quasimodo” di Crispano dove il piccolo frequentava la scuola primaria.
Pare infatti che l’istituto non abbia mai segnalato alle autorità le violenze subite dai bimbi, che spesso arrivavano a scuola con escoriazioni e persino il volto tumefatto.
E che la situazione non sia per nulla facile è dimostrato anche dal fatto che il Ministro Bussetti ha già deciso di disporre una ispezione presso la scuola, per capire se davvero qualcuno sapeva e non è intervenuto.
Un eventuale comportamento omissivo delle insegnanti o della dirigente potrebbe dare luogo ad un procedimento disciplinare ma anche ad una accusa di natura penale.
Per il momento nessun dipendente della scuola risulta iscritto nel registro degli indagati, ma non è da escludere qualche novità già nelle prossime ore.
Ma perché l’autorità giudiziaria sta indagando anche sul comportamento mantenuto dall’istituto scolastico?
Il motivo è che secondo il nostro codice penale i pubblici ufficiali (docenti e dirigenti scolastici lo sono) hanno l’obbligo di riferire alla autorità giudiziaria in quei casi in cui abbiano notizia di reati perseguibili d’ufficio e non a querela di parte; e non c’è dubbio che il maltrattamento in danno di un minore si configuri proprio come un reato di questo genere.
Riportiamo in proposito lo stralcio di una “dispensa” curata dagli avvocati Antonio Coragliu e Laura Paolucci e utilizzata per le attività di formazione rivolte ai dirigenti scolastici: “Qualora si sia in presenza di reati procedibili d’ufficio (ovvero di reati in cui la legge penale non prevede come necessaria la querela di parte della persona offesa) il dirigente scolastico ha l’obbligo di denunciare la notizia di reato all’Autorità giudiziaria (o ad altra autorità che abbia l’obbligo di riferire a quella, come ad es. la Stazione o il Comando dei Carabinieri o la Questura), pena la configurabilità del reato di omessa denuncia di reato (artt. 361 c.p.). Il personale docente ed in generale il personale scolastico assolve l’obbligo in questione ‘riferendo’ al dirigente scolastico la ‘notizia di reato’ di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni”.
I due legali della Avvocatura di Stato ricordano poi che “nell’ambito scolastico le fattispecie più significative di reati in danno di minori per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio sono la violazione di obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), l’abuso dei mezzi di correzione” (art. 571 c.p.), i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 c.p.), le lesioni personali o l’abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.)”.
E’ ovvio che talora né l’insegnante né il dirigente scolastico possono avere la certezza di trovarsi di fronte ad una situazione di reato anche pur rendendosi conto che il minore sta vivendo una situazione di palese disagio. “In tali casi – affermano i due legali – gli operatori scolastici che necessitano di indicazioni o chiarimenti sul come gestire un situazione grave ed urgente che vede coinvolto il minore possono far riferimento, per consultazioni informali, sia al Servizio Sociale sia alle Forze dell’Ordine. Tali consultazioni, però, non sostituiscono né il dovere di segnalazione né l’obbligo di denuncia”.
Il concetto, quindi, è chiaro: denuncia o non denuncia è assodato che né i docenti né tantomeno il dirigente scolastico possono rimanere inerti.
Sul caso di Cardito sarà la magistratura ad accertare le responsabilità di ciascun operatore scolastico.
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