Il premier Renzi torna ad ammettere che il Governo su riforma e forse anche “concorsone” poteva fare meglio. Però il super-piano d’assunzioni è indiscutibile.
Parlando dal palco del teatro Niccolini a Firenze, lunedì 2 maggio, il presidente del Consiglio dice: “sulla scuola avremo anche sbagliato qualcosa ma abbiamo assunto 100 mila insegnanti”.
Quindi, dopo aver fatto intendere che qualcosa non è andato come preventivato (senza però entrare nel dettaglio), Renzi ha tenuto a dire che nonostante le critiche e le contestazioni, che pure ci sono state e ci sono, “mai nessun governo aveva investito tanto” nell’istruzione.
Ora, il concetto che intende proprorre il premier sembra il seguente: tutti sbagliano, anche il Governo. Il problema, aggiungiamo noi, è che gli errori erano stati ampiamente preventivati e segnalati direttamente dai lavoratori e da chi li rappresenta. E non solo. Non a caso, in massa un anno fa sindacati, docenti, Ata, studenti e famiglie scesero in piazza per opporsi alla riforma.
L’aspetto da rimarcare è che Renzi dopo aver ammesso gli errori sulla scuola, sembra anche volerli “sanare”. Come? Con le 100mila – reali circa 87mila – immissioni in ruolo compiute nello stesso anno. Un record, è vero. Che però non può cancellare il resto. Ad iniziare dalle procedure con le quali sono state realizzate quelle assunzioni, con l’allora personale precario o vincitore di concorso con maggior esperienza e punteggio spedito lontano (fase B delle assunzioni della Buona Scuola). E gli ultimi in graduatoria, invece, assunti sotto casa (o comunque in provincia) grazie al ‘potenziamento’.
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Sempre dallo stesso palco toscano, Renzi ha detto di aver “bisogno di 10mila comitati in tutta Italia”, lanciando in tal modo la campagna per il referendum sulle riforme di metà ottobre.
“Il 15 maggio pubblicheremo il modo con cui fare questi comitati, ci saranno mesi e mesi di iniziative in tutta Italia, andremo casa per casa a discutere della riforma”, ha spiegato il premier.
“I comitati saranno da 10 fino a 50 persone, delle strutture che ricordano i comitati per le primarie -ha proseguito-. Chiedo a ciascuno, sul lavoro, a scuola, alle università, tra gli amici, fuori
dai partiti e anche dentro partiti di unire 5-6-10-15 persone, studiare la riforma e poi mettere tutti di fronte a un bivio tra l’Italia che dice sì al futuro e l’Italia che no e solo no”.
Del referendum delle riforme, quindi, si parlerà anche nelle scuole. La domanda è d’obbligo: stavolta si darà ascolto al pensiero espresso dagli insegnanti e dai lavoratori degli istituti scolastici?
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