Il PD s’interroga su dove ha sbagliato sulla scuola, dove ha perso parecchi consensi. Faccio una premessa. La politica non può inseguire i consensi a prescindere, ma deve salvaguardare il bene comune.
Il male della politica odierna è proprio quello di inseguire il consenso a breve degli elettori, senza avere una visione del futuro. Non si devono soddisfare gli interessi particolari, ma mirare all’interesse comune.
Detto questo, andiamo nel merito. Dove ha sbagliato il PD sulla scuola?
Nell’aver sistemato un esercito di precari, senza passare per i concorsi (questo è populismo, soddisfare gli interessi di una parte a scapito di altri meno rappresentati, in questo caso i neolaureati che trovano i posti occupati da chi ha fatto parecchi anni di supplenza e solo per questo è diventato di ruolo).
Questi medesimi, non soddisfatti di aver avuto il ruolo, hanno preteso di avvicinarsi alla loro terra d’origine, mentre le cattedre mancavano soprattutto al nord, e hanno ottenuto grazie ai sindacati di avere assegnazioni e trasferimenti, facendo venir meno il principio di continuità didattica.
Questo è il punto da salvaguardare. Chi ottiene l’assegnazione a una scuola deve permanervi come minimo cinque anni. Il cambio di docenti di anno in anno, a causa della possibilità di trasferimento permanente, crea situazioni abnormi, specie quando si tratta di alunni diversamente abili che hanno bisogno di una continuità dell’insegnante di sostegno.
Della 107/2005 salverei il potenziamento, la possibilità cioè di avere un organico dell’autonomia con più docenti, anche se non sempre sono stati assegnati gli insegnanti richiesti dalla scuola per una determinata disciplina, cosa da correggere; il merito ai docenti che ora vorrebbero sottrarre al solo giudizio del dirigente scolastico che è l’unico che può, insieme ai suoi collaboratori, giudicare la validità di un insegnante; il bonus docente che ha consentito ai docenti di aggiornarsi e che ora si vuole togliere per motivi economici; la chiamata diretta dei supplenti in base al curriculum e non alla graduatoria, perché non sempre i titoli corrispondono al merito.
Insomma, tenendo conto di quanto scritto in premessa, la 107 non era una pessima riforma.
Aggiungerei come proposta il ripristino della platea scolastica per la scuola di base (infanzia, primaria e media) per evitare che nei quartieri a rischio si creino scuole ghetto, perché i genitori degli alunni più dotati li iscrivono nelle scuole dei quartieri benestanti.
Renderei la scuola dell’infanzia obbligatoria e diffonderei maggiormente gli asili per i più piccoli per favorire il lavoro delle donne.
Darei la cittadinanza ai figli di immigrati che studiano da noi per 10 anni.
Darei più risorse alle scuole dove i test INVALSI certificano basse competenze, perché vuol dire che il livello socio-economico e culturale di provenienza è basso e deve essere sostenuto da politiche di welfare(dare incentivi alle famiglie povere che mandano i figli a scuola per esempio, per combattere la dispersione scolastica, e dare agli stessi libri gratuiti fino all’obbligo scolastico).
Eugenio Tipaldi