Spiace – eccome, vista la situazione – doverlo constatare, ma è andato tutto come si poteva e si doveva prevedere. Non si dica dunque che è senno di poi, perché sarebbe banale e menzognero: era senno di prima, per chiunque avesse un minimo di capacità di guardare alla realtà in modo obiettivo e senza alcun filtro deformante. Su questo sito scrivevo più volte in agosto e in settembre che si paventavano scelte del tutto sbagliate riguardo alla scuola, decisioni che poi sono state purtroppo adottate.
La didattica in presenza per tutti, per esempio, quando si poteva benissimo capire che le superiori (preferisco chiamarle ancora così) potevano andare in DAD fin da subito in attesa di vedere che cosa sarebbe accaduto in autunno, risparmiando di intasare i mezzi pubblici per il cui adeguamento poco o nulla è stato fatto (a proposito: qualcuno nell’ultimo mese si è accorto che abbiamo anche un ministro dei trasporti?).
E poi il non aver sancito l’obbligo della mascherina in classe, con cui si è grottescamente perseverato persino quando è stato introdotto l’obbligo di portarla all’aperto. Una decisione incomprensibile e che ha messo a repentaglio la salute di molti, a partire da quella degli alunni che con senso di responsabilità la mascherina la portavano pur se non obbligatoria, risultando però vulnerabili al contagio da parte dei compagni che ne erano privi.
Ma – si diceva allora – basta il metro di distanza, cioè ben meno del minimo sindacale quando si staziona a lungo in ambienti chiusi, secondo svariati e autorevoli studi internazionali. E così, eccoci per settimane in 25 senza mascherina ad occupare ambienti chiusi di 35 metri quadrati: unico caso, la scuola, a sperimentare una condizione simile. Era troppo facile capire che era sbagliato, eppure si è insistito su quella strada.
E fin troppo facile era del resto anche prevedere l’intasamento del trasporto pubblico. E che dire di quanto avveniva negli intervalli (di cui quasi nessuno ha parlato) quando le mascherine erano abbassate? Alzi la mano chi può affermare che la distanza minima di un metro venisse rispettata! Come – del resto – se non fosse stato possibile capire in anticipo che non basta qualche adesivo sul pavimento (e pure numerosi richiami) a mantenere in ordine decine e decine di adolescenti in un corridoio.
Ebbene, oggi, com’era prevedibile, raccogliamo i frutti amari, amarissimi e per certi versi beffardi, di quelle scelte. Oggi tutte le superiori sono in DAD e in alcune regioni lo sono anche le seconde e terze medie, mentre vi sono scienziati che invocano la chiusura di tutte le scuole, anche di quella dell’infanzia (e questo sì sarebbe un grosso guaio, perché non fai la DAD ai bimbi di 3 anni).
E adesso, solo adesso, si è imposto l’obbligo della mascherina per chi è ancora in classe. Ovvero, si è fatto ora tutto quello che si doveva fare prima, con clamoroso ritardo, colpevole ritardo. Il ritardo di chi rincorre i problemi anziché anticiparli e deve quindi poi correre ai ripari con misure più drastiche di quelle che si potevano adottare prima, come l’obbligo della mascherina esteso ora anche ai bambini più piccoli delle elementari.
Peccato, dunque, che adesso le conseguenze le paghiamo tutti, con restrizioni ben maggiori di quelle che sarebbero state necessarie se si fosse evitato di finire di nuovo nel baratro. Ho sentito spesso ancora recentemente ripetere “gli studenti hanno diritto di fare scuola in presenza, hanno diritto di questo, diritto di quello…”. Certo. Tutti siamo portatori di diritti (a partire da quello di essere messi nelle condizioni di non ammalarci di una malattia molto pericolosa). La vita però ci insegna che esistono momenti e situazioni in cui si persegue la politica del male minore, non quella di un utopico meglio assoluto.
Non aver imparato questa lezione ha concorso a produrre il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Dopo un’estate all’insegna delle discoteche riaperte, delle spiagge affollate, delle movide, dei locali pieni di clienti senza mascherina, il tutto in assenza di controlli o con gli stessi risicatissimi, anche la scuola ha dato dunque il suo contributo nel causare un prevedibilissimo, nuovo disastro.
Per chi ancora non fosse dell’avviso che aver messo in movimento 10 milioni di persone, tanti quanti sono gli alunni e tutto il personale scolastico, abbia contribuito a farci tornare nell’incubo della scorsa primavera, suggerisco di leggere l’analisi, tra le varie possibili, pubblicata sul Corriere lo scorso 24 ottobre a firma dello scienziato Roberto Battiston.
Ora il guinzaglio ci stringe di nuovo il collo, siamo di nuovo in libertà vigilata. Un risultato strepitoso: “chapeau”, come si suol dire.
Sergio Mantovani