I Dottori di Ricerca, possessori del massimo titolo di studio previsto dall’ordinamento formativo Italiano ed internazionale, sono felici di apprendere che le Istituzioni italiane hanno finalmente dimostrato interesse nei confronti delle loro richieste rispetto al piano di reclutamento scolastico 2019.
Che ricordiamo essere:
1. L’ammissione dei Dottori di ricerca ai P.A.S. o creare per i Dottori di ricerca un doppio canale: concorso ordinario + Percorso Abilitante Speciale non selettivo in ingresso e finalizzato all’immissione in ruolo.
1. Previa acquisizione dei 24 CFU, previsti dal DM 616/2017 negli ambiti antropopsico-pedagogici e nelle metodologie didattiche, esonerare i Dottori di ricerca dalle due prove scritte e far sostenere loro solo il colloquio orale, che ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato nelle discipline facenti parte della classe di concorso, di verificare la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B2 (QCER), nonché il possesso di adeguate competenze didattiche nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
2. L’Attribuzione di un punteggio significativo al Dottorato di ricerca nel concorso per la Scuola Secondaria di I e II grado. Come stabilito nell’art.6 del D.Lgs. 59/2017, il Dottorato sarà tra i titoli valutabili: proponiamo che esso valga almeno 36 punti (con conseguente innalzamento del tetto massimo dei punti acquisibili nel Settore dei titoli culturali e professionali, anche al fine di consentire l’inserimento di una parte ragionevole delle eventuali ulteriori competenze e certificazioni).
3. L’adeguata considerazione e valutazione della didattica universitaria certificata in fase concorsuale. Oltre al punteggio del servizio scolastico, chiediamo di inserire anche la valutazione di quello universitario, come già avviene per le graduatorie d’istituto. Suggeriamo di attribuire un determinato punteggio per ogni contratto di docenza universitaria e di didattica integrativa.
4. L’adeguata valutazione di Borse e Assegni di ricerca post dottorato e pubblicazioni.
Ringraziamo pertanto il Ministro Bussetti, la compagine governativa ed i sindacati che hanno sostenuto la nostra posizione.
Tuttavia, non possiamo dirci minimamente soddisfatti di quanto prospettato per un titolo che rappresenta l’eccellenza della formazione nel mondo, ma in Italia, e solo in Italia, stenta ad essere valorizzato e riconosciuto.
La timida apertura prospettata dal comunicato congiunto dei sindacati, in cui si comunica che: “è stata oggetto di discussione la possibilità di consentire l’accesso ai soli fini abilitanti ai percorsi riservati, in subordine rispetto ai precari con 36 mesi di servizio”, appare infatti come un voler sistemare le cose per tutti, senza la minima attenzione al fatto che, quanto ci viene prospettato, sono solo ulteriori anni di precariato che graveranno su persone non più giovanissime che provengono per la maggior parte dal precariato universitario.
Ricordiamo infatti che, la maggior parte dei Ph.D non sono giovani appena dottorati ma si tratta di studiosi e docenti Universitari a contratto o provenienti da istituti esteri che sono pronti a mettere a disposizione della Scuola e del sistema scolastico italiano la loro alta qualificazione e professionalità.
Nel prospetto di un vero rinnovamento della scuola, non è possibile non considerare la qualità che sarebbe apportata all’istruzione italiana da aspiranti docenti motivati e formati da esperienze internazionali e di altissimo livello; esperienze di cui non si può non tener conto in una società globalizzata e competitiva come quella odierna a cui i ragazzi devono essere formati.
Tra anni di precariato incerto, che si prospettano con quanto offerto con questo piano di reclutamento ai Ph.D, e l’abbandonare il Paese per mettere le nostre competenze a disposizione di Stati più avanzati che considerano il Dottorato come una risorsa e non un “subordine”, seppur con rammarico, molti di noi sceglieranno ancora di emigrare, alimentando il tanto biasimato, ma mai realmente considerato, problema dei “cervelli in fuga”.
Ben comprendiamo le richieste dei docenti precari della scuola con 36 mesi di anzianità in quanto anche noi abbiamo esperito anni di precarietà insegnando con contratti a rimborso spese (1500,00€ annui in totale), assegni di ricerca e borse di studi i cui finanziamenti li abbiamo dovuti trovare da soli tramite la compilazione di bandi europei o accordi siglati con enti pubblici e privati su ricerche specifiche, ma riteniamo che dare pari importanza a merito certificato e precariato, immettendo nella scuola provenienze diverse, sia garanzia di maggior qualità per i ragazzi ed il sistema formativo in genere.
Ricordiamo inoltre che, durante il nostro precariato, molti Ph.D si sono trovati nella posizione di insegnanti in corsi abilitanti succedutisi nei vari anni, con la spiacevole situazione di rilasciare l’abilitazione all’insegnamento, senza possederla. Cosa che ha provocato non pochi imbarazzi tra i Ph.D ed alla quale, questa volta, non ci presteremo.
Mariarita Barone
Sergio Martellucci
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