I lettori ci scrivono

Sulle Linee Guida per la didattica digitale integrata

Parliamo delle “Linee Guida per la didattica digitale integrata”.
Lo scorso 5/8/2020, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha formulato il suo parere sullo schema di decreto del Ministro dell’istruzione di recepimento delle “Linee Guida recanti le indicazioni per la progettazione del Piano scolastico per la didattica digitale integrata (DDI), previsto dal D.M. 26 giugno 2020, n. 39”.

Un parere che, pur non essendo vincolante, ci spiega i pasticci che si stanno facendo. E non si capisce perché i media non ne parlino. Già in premessa il CSPI esplicita infatti alcuni aspetti molto importanti. 

Dal primo paragrafo infatti, si specifica che nelle linee guida “la DDI dovrebbe rimanere come attività necessaria (meglio ancora suggerita) in caso di sospensione didattica”. E che, “Lo stesso peso non può non essere definito che dal collegio dei docenti”. 

Rispetto poi al testo in cui si scrive “da parte di tutte le istituzioni scolastiche di qualsiasi grado, qualora si rendesse necessario sospendere di nuovo le attività didattiche..”, il CSPI propone di non vincolare alla sola sospensione delle attività didattiche ma di estenderla anche a eventuali necessità di contenimento del contagio, e nel caso di vincoli imposti dalla logistica (carenza di aule per il distanziamento e/o di docenti, ndr).

Nei mesi scorsi” – spiega il CSPI – “per far fronte al blocco delle attività scolastiche causato dall’emergenza epidemiologica e garantire una forma di continuità all’azione didattica, è stata prevista, con specifica disposizione normativa, la possibilità di proseguire “a distanza” le attività didattiche nelle scuole di ogni grado”.

E che: “Questa necessità è stata accolta dalla comunità scolastica come l’unica possibilità, stante la situazione epidemiologica che imponeva il distanziamento fisico, per dare effettiva continuità alla fruizione del diritto costituzionale all’istruzione”.

In pratica ci si è basati solo sulla disponibilità dei docenti che l’hanno attuata, senza manco dirgli grazie. 

Questo, per il CSPI, “ha reso evidente che tale iniziativa veniva assunta in una situazione di estrema difficoltà dovuta alla carenza di strumentazione tecnologica di gran parte delle scuole, dei docenti e degli alunni e anche per una prevalente impreparazione all’utilizzo della didattica a distanza da parte della comunità scolastica”.

Tranne alcune eccezioni, infatti, sia i docenti sia le singole scuole, non erano minimamente preparati a tutto questo.

“Con la nota dipartimentale 17 marzo 2020, n. 388, dal titolo “Emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza”, il Ministero dell’Istruzione aveva già voluto offrire alle istituzioni scolastiche un primo quadro di riferimento didattico operativo”.

Ma “queste indicazioni sono state accolte dalla comunità professionale dei docenti con non poche riserve e in certi casi con evidente contrarietà perché ritenute troppo prescrittive, non pienamente rispettose dell’autonomia professionale e delle prerogative degli organi collegiali e soprattutto non adeguate al contesto dato, caratterizzato da una diffusa impreparazione ad utilizzare le nuove tecnologie senza un sufficiente supporto”.

Il CSPI nel suo recente parere nota che, Il Ministero dell’Istruzione propone in questa fase le “Linee Guida per la Didattica Digitale Integrata”, sulla base delle quali le singole scuole dovranno adottare un proprio “Piano scolastico per la didattica digitale integrata” (DDI), che ne allargano il campo di azione alla ordinarietà nelle scuole secondarie di secondo grado, … come modalità complementare alla didattica in presenza e unica modalità per tutti i gradi qualora si rendesse necessario sospendere nuovamente le attività didattiche in presenza a causa delle condizioni epidemiologiche contingenti.

Senonché – aggiunge il CSPI – “di queste Linee Guida, che propongono profonde modifiche strutturali, non sono evidenti quali siano i fondamenti culturali, normativi, pedagogici e metodologici; conseguentemente le misure presenti, che peraltro sono di tipo didattico ed organizzativo con ricadute ordinamentali non esplicite, rischiano di apparire del tutto incongrue e immotivate con effetti invasivi dell’autonomia scolastica e professionale, con ricadute, al contempo, sulla prestazione di lavoro che è materia di esclusiva negoziazione contrattuale”.

Ormai sembra quasi che ci siamo abituati a vedere scavalcate leggi e contratti, con semplici decreti ministeriali. E, in buona sostanza il Consiglio spiega già nella premessa che, eventuali modifiche di questo tipo sono materia di contrattazione negoziale.

“Considerato che il tempo scuola previsto dagli Ordinamenti è definito da norme primarie che non possono essere modificate in maniera surrettizia da Linee Guida, appare inoltre illegittimo il riferimento a orari minimi in relazione alla DDI”. 

Diversa la situazione per la scuola secondaria di secondo grado, dove – per il CSPI – “la DDI può essere progettata in modo complementare”. 

Su questo aspetto, il CSPI fa notare che “manca qualsiasi riferimento a monte ore minimi e massimi da attuare in considerazione dei diversi contesti territoriali. Questo aspetto si interseca con l’organizzazione che le scuole si sono date in relazione agli spazi, al numero degli studenti nelle aule, ad eventuali orari differenziati per evitare assembramenti e ad un uso più razionale dei mezzi di trasporto. Naturalmente si tratta di differenti situazioni che dipendono da diverse variabili (strutture degli edifici e spazi utilizzabili, collocazione territoriale della scuola, presenza dei trasporti, disponibilità tecnologiche). Le decisioni dipendono anche dalla possibilità o meno di avere un numero adeguato aggiuntivo di docenti, considerato che la divisione della classe e la lezione in sincrono (con gruppi classe in presenza e a distanza che seguono la stessa lezione) non sono scelte efficaci didatticamente e praticabili tecnicamente”.

Per il CSPI, infatti, “Risulta di difficile comprensione in cosa dovrebbero consistere le attività sincrone se non in una trasposizione della lezione svolta in classe: che sia questa l’interpretazione data dalle Linee Guida viene confermato dal mettere sullo stesso piano i device utilizzabili per connettersi, che in realtà, in vista di una interazione diversa non sono tutti equivalenti”.

Aggiungendo che: “La Didattica Digitale Integrata non può essere utilizzata solo per l’emergenza, ma dovrebbe essere considerata uno strumento al pari di altre metodologie di insegnamento”. E che: “Sarebbe più opportuno definire la DDI non come una metodologia ma come un canale, un mediatore didattico attraverso cui veicolare attività, contenuti, collaborazioni”. 

Poi si fa notare che “La metodologia didattica non è innovativa quando utilizza degli strumenti digitali (può essere addirittura conservativa o restauratrice di modalità trasmissive) e non è vero che la video-conferenza favorisca metodologie in cui gli alunni siano più protagonisti. Sono affermazioni in sé contraddittorie che rimangono sospese nel documento, senza un effettivo sviluppo nelle indicazioni”.

Il CSPI, inoltre, esplicitamente “auspica che si realizzi un’efficace programmazione collegiale, che coinvolga più docenti su attività e percorsi inter e pluridisciplinari, sempre nella logica di proposte didattiche varie e motivanti, che superino la lezione frontale, anche se a distanza e in sincrono”. E che: “Sarebbe preferibile lavorare su percorsi didattici replicabili e modulabili, per poter integrare davvero la “didattica con il digitale” al lavoro in classe. In questa prospettiva il lavoro del docente” – aggiungono –  “è solo in piccola parte “fare lezione”: in massima parte sarebbe costruire il percorso didattico mettendo a disposizione attività, materiali, stimoli e monitorando con puntualità le attività asincrone”.

E se questo non bastasse, nel parere del CSPI, si legge che nelle Linee Guida manca altresì un chiaro riferimento alla rimodulazione dei PCTO (ex alternanza scuola lavoro) che richiederebbero uno specifico intervento. Così come risulta assente qualunque riferimento alle attività laboratoriali, nel senso di privilegiare in presenza, negli istituti tecnici e professionali, per le discipline di indirizzo, lasciando altre attività per la DDI.

Infine, il CSPI, ricorda che “nel “piano scuola” approvato con DM 39/2020 era annunciata la progettazione di una piattaforma finalizzata all’erogazione di contenuti didattici a distanza della quale non si parla più nel documento in esame. Una piattaforma garantita dal Ministero dell’Istruzione potrebbe risolvere, ovviamente, molti problemi di privacy e di sicurezza che viceversa aggraveranno ulteriormente il carico di responsabilità dei dirigenti scolastici”.

In definitiva, al CSPI “risulta che il documento sia sbilanciato su aspetti formali (non sempre esaustivamente considerati) più che sull’efficacia didattica”.

Giuseppe Candido

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