L’anno scolastico è ormai iniziato e, come riferiscono le cronache, in presenza, nonostante casi di quarantena, fortunatamente non tanti, che ci auguriamo terminino presto.
Compagni vecchi e nuovi unitamente agli insegnanti, tutti insieme per continuare un cammino di crescita umana, culturale e professionale quale è il compito tipico dell’istituzione scolastica.
Per favorire questo è necessario che ciascuno dei soggetti agenti svolga il proprio compito nell’ambito dei ruoli di appartenenza.
Studenti lo siamo stati tutti; insegnanti non proprio poiché nella vita ognuno sceglie la propria strada secondo le sue attitudini ed anche, perché no, passioni.
Il sistema delle relazioni che si crea a scuola ed in particolare nella classe di appartenenza è talmente forte che può portare alla nascita di un gruppo coeso, responsabile e consapevole che si sta lì non per “passare il tempo”, ma per raggiungere certi obiettivi che ognuno si è proposto.
Si determina, pertanto, un rapporto alunni – docenti costruttivo che darà i suoi frutti nel tempo. “Ricordo ancora, con nostalgia, i miei insegnanti di tanti anni fa, dai quali molto ho ricevuto”, verrebbe da dire.
La conseguenza è che il lavoro dell’insegnante, credetemi, per nulla semplice diventa entusiasmante ed appagante.
“Ho dato quanto mi era possibile e lo vedo con soddisfazione”, dice il “fortunato” docente che, in team con gli altri colleghi è cosciente di aver esercitato il suo lavoro – missione con dedizione.
Ma le rose non sono senza spine e, ahimè, accade anche ciò che non si vorrebbe.
In un gruppo classe caratterizzato al “negativo” o formato da gruppi dove prevale la deresponsabilizzazione, l’ignavia, la voglia di prevalenza degli uni sugli altri, il considerare la classe come una palestra dove si è liberi di fare quello che si vuole, ecco, allora, che le difficoltà operative non mancano. Difficile tenere, per esempio, la disciplina, prevedere e prevenire azioni perpetrate sui più deboli. O, anche, accorgendosene per tempo, gli strumenti correttivi utilizzati, per quanto efficaci, faticano ad imprimere la cognizione di quanto compiuto. E le “mele buone?”. Soffrono e, per quanto facciano sentire la loro voce, poco possono fare. Sono poche!
Senza tenere conto, poi, del tempo prezioso sottratto allo svolgimento dei contenuti disciplinari ed interdisciplinari.
E’, perciò, quanto mai necessario rendersi conto che a scuola ci si va per imparare, crescere, per formarsi, per relazionarsi anche con l’aiuto di altri soggetti.
Una buona interazione fra scuola e mondo del lavoro o dell’istruzione di livello superiore è senz’altro di aiuto nella ricerca di occupazione o nella prosecuzione degli studi. La lunga esperienza di tutoraggio, maturata quando ero in servizio, mi conduce a confermare quanto poco sopra detto.
Cari studenti, ogni percorso di studi ha le sue difficoltà più o meno grandi. Fondamentale è essere innamorati di un ideale, positivo ovviamente, da crescere e coltivare giorno dopo giorno vissuto in una vita che vale la pena da spendere al servizio degli altri.
Al bando, quindi, la tristezza, la demotivazione, il non so che cosa fare, il tempo non passa mai, preferisco digitalizzare e chattare.
Reagite all’indolenza e siate veri costruttori del domani che vi vedrà protagonisti e coloro che avranno bisogno potranno dire: “Per fortuna non siamo soli”.
Todeschini Giovanni
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