Edito dalla Casa editrice Dante Alighieri, Collana “Camminando con Dante”, è uscito del prof Paolo Sessa: “Suoni e Voci nella Commedia di Dante” che non è il lavoro di uno specialista dantista, ma di un linguista che cerca sia il Dante linguista, per tentare di capire meglio la poesia del grande fiorentino, e sia la poesia nella Commedia, come prodotto umano di un’attività specifica
L’autore, Paolo Sessa, guarda soprattutto al testo, alla sua tessitura per individuare il gioco fra significante e significato, non la loro dicotomia, ma il loro scontro titanico che si presenta ad ogni lettura, a produrre il SENSO che non si ridurrà mai al suo puro denotato.
Nella poesia prima ancora del “CHE COSA” conta il COME; diversamente non sarebbe poesia; certo, il significato, Dante lo sa bene, continua a tenere il corso del nostro pensiero, ma il senso è altra cosa; il senso è processo del significare e in questo processo il significante gioca tutte le sue carte.
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Date queste premesse parte l’indagine sui suoni e le voci nella Commedia; perché la Commedia è un poema sonoro, un po’ come tutta la poesia, e molto più di tanta poesia; e un fenomeno sonoro non si può indagare tralasciando di prendere in considerazione i suoni. Di quali suoni? Sia dei suoni evocati che di quelli raccontati, come pure, e soprattutto, delle sonorità prodotte dal materiale fonologico delle parole con le quali Dante, come fossero mattoni, ha costruito il suo edificio poetico.
E’ possibile, si chiede l’autore, leggere e intendere appieno la Commedia senza che la nostra voce riproduca i cambi di registro tra l’invettiva di San Pietro e la preghiera alla Vergine di Bernardo? E’ possibile che, leggendo, si possa usare lo stesso passo e ritmo e andatura sia quando andiamo appresso agli ipocriti con abiti di piombo (Inf. XXIII), sia quando seguiamo la madre che, di fronte alla sua casa in fiamme, prende il suo pargoletto e fugge per salvarlo dall’incendio (ibid.)?
Certo, se si vuole evitare di dover riprodurre i fatti ritmici e risparmiarsi la fatica di realizzare queste variazioni del ritmo, basta leggere la Commedia in silenzio, tra sé e sé; ma, così facendo, non ci priveremo della comprensione di un elemento importante della poesia di Dante? Anche nella lettura silenziosa, certo, simuliamo ritmo e melodia come forme del movimento (e, quindi, in un certo senso, li immaginiamo); ma solo la lettura ad alta voce, con l’impegno muscolare che reclama nella riproduzione dei suoni, riesce a ricreare la dimensione spazio-temporale e gli eventi che vi si svolgono e che sono oggetto del testo. Se Dante ha scritto versi scivolosi e versi che ci fanno incespicare, versi per camminare e altri per danzare, non riprodurre queste andature, nel corso della lettura del testo, non è perdere qualcosa della sua poesia?
L’esperienza a scuola. Punto di partenza per l’insegnante e punto di arrivo per lo studente. Quante volte ci troviamo ad ascoltare letture biascicate come se qualcuno ci trascinasse indietro mentre cerchiamo di procedere da un verso all’altro.
E quante volte, al contrario, ci siamo trovati di fronte a letture veloci spinti dall’ansia travolgente di arrivare alla rima successiva.
Calma! Sottolinea Sessa, tra una rima e l’altra c’è tutto un mondo da scoprire e poi, se Dante ha scelto la terza rima invece della rima baciata vuol dire che ha deciso di rimandare di un poco l’appagamento melodico, quello che i musicisti chiamano ritorno a casa.
“Suoni e Voci nella Commedia di Dante” è l’applicazione su un testo specifico, per quanto esemplare, di uno studio più ampio sui fondamenti linguistici della lettura ad alta voce.
L’intento di questa opera è anche quello di poter servire a convincere tutti, docenti e studenti, e lettori in genere, a provare a comprendere meglio la poesia di Dante leggendo la Commedia ad alta voce. Naturalmente, niente declamazioni teatrali che molto spesso falsano il testo, mettendoci cose che non ci sono. Perché la lettura non sia un fatto astratto né una procedimento artificioso, deve molto semplicemente coinvolgere il nostro corpo e i nostri muscoli, il nostro apparato fonatorio e la nostra gestualità, e perché no, anche il nostro apparato digerente, tutte cose che erano nell’autore e che adesso sono dentro il testo e che ci possono aiutare a meglio capire ed apprezzare i prodotti dell’attività umana: la poesia non fa eccezione.
L’idea principale è che la lettura ad alta voce a scuola è strumento potentissimo per la comprensione di un’opera d’arte e per promuovere amore e passione per i fatti letterari. Va da sé che non si può amare ciò che non si conosce e la lettura ad alta voce è strumento di conoscenza. Il docente che legge con voce non chalante, da elenco telefonico, Dante (come Leopardi o Shakespeare) difficilmente farà innamorare del testo i suoi studenti. Il docente che fa uso sapiente di tutte le risorse vocali per “tradurre” i contenuti del testo (linguistici e paralinguistici) farà rivivere il testo in tutta la forza originaria. Niente recitazione o declamazione, ma lettura rispettosa di ciò che nel testo c’è, degli elementi prosodici suggeriti dall’autore in modo esplicito e di quelle tracce di oralità meno visibili, ma tuttavia inferibili dal testo.
L’attività di lettura ad alta voce è chiamata innanzitutto a rintracciare i segnali di oralità latenti nel testo e a riprodurli a beneficio della comprensione del testo stesso.