C’era una volta la suora maestra. Il fenomeno, come ha detto qualche tempo fa padre Franco Ciccimarra alla Tecnica della Scuola, oggi è limitato perché i religiosi dietro la cattedra sono ormai anziani e non c’è ricambio. Un motivo per il quale non vi sarebbe più turn over tra le suore, che ha portato ad uno striminzito 4% di presenza tra i docenti delle paritarie, si intravede dalle pagine dell’Osservatore Romano ‘Donne Chiesa Mondo’: il mensile ha realizzato un interessante approfondimento dal quale risulta che le donne che hanno fatto il voto religioso nel 2021 operano spesso senza orari, contratti, diritti.
Il giornale del Papa di ottobre cita segretarie, infermiere, badanti, colf. E naturalmente le docenti, quasi tutte maestre di scuola dell’infanzia e primaria. Tutte rigorosamente al servizio di cardinali, diocesi, parroci, istituti scolastici paritari e “cliniche” cattoliche.
Il comune denominatore è che la loro mole di lavoro è altissima, ma si realizza in una cornice che sta a metà tra il volontariato e il rapporto senza diritti.
Dopo aver denunciato in passato anche il fenomeno degli abusi, di autorità e sessuali, che si consumano nei conventi, stavolta l’attenzione è per lo “sfruttamento” lavorativo delle religiose.
“Nei rapporti delle suore con i loro datori di lavoro c’è stato un offuscamento: è una questione che dobbiamo affrontare”, ha detto Maryanne Loughry, suora della Misericordia, docente al Boston College e consulente del Centro dei Gesuiti per i Rifugiati.
Sebbene vi siano realtà diversificate, quello che emerge dal focus dell’Osservatore è la mancanza in molti casi di contratti o anche dei più semplici “accordi scritti”.
Si lavora, infatti, in assenza di orari e di definizione degli ambiti lavorativi di cui occuparsi. Così molte suore accumulano stress da lavoro, che non di rado sfociano nel burnout.
A rendere ancora più paradossale la situazione è che dopo una giornata di lavoro, le suore sono attese dall’attività in convento.
Si verificano poi anche situazioni in cui, in assenza di contratti scritti, “una o più sorelle non lavora più per la diocesi o per il parroco, e di conseguenza perdono l’alloggio, diventando quasi homeless senza preavviso”.
Per suor Loughry “nella Chiesa ci sono molte cose date per assodate: che noi siamo molto generose” perché “usciamo dagli schemi, se c’è da fare qualcosa di speciale. Non voglio rinunciare a questa caratteristica, ma penso che a volte venga sfruttata”, ammette la religiosa.
L’impressione che trapela dal documento è che per la Chiesa le suore debbano vivere “come cento anni fa, ma i tempi stanno cambiando”.
Lo si evince dal fatto che le giovani, anche le religiose “hanno un nuovo modo di pensare: vedono il mondo anche attraverso i social media, vogliono avere più tempo per la ricreazione. Serve un’apertura mentale – conclude suor Loughry – per affrontare questo”.
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