Con più di un mese di ritardo è arrivato finalmente il decreto ministeriale che dovrebbe consentire un più celere pagamento degli stipendi dei supplenti.
Il provvedimento doveva infatti essere emanato entro il 27 giugno scorso, come espressamente previsto dall’articolo 1 sexies del decreto legge 42 del marzo scorso.
Entusiastico, a dir poco, il commento del minstro Giannini: “Si tratta di una vera e propria svolta che eviterà che si ripeta di nuovo quanto accaduto troppe volte in passato. E cioè che chi lavora con contratti a termine nelle nostre scuole, solo perché supplente, riceva con ritardo quanto gli è dovuto”.
Ancora più esplicito il commento del sottosegretario Davide Faraone che definisce il decreto ministeriale di quete ore un “segnale di riconoscimento dell’importanza della professionalità di ogni insegnante”.
Senza nulla togliere alla valenza del provvedimento che era atteso da decine e decine di migliaia di supplenti, ci permettiamo però di osservare che parlare di “svolta” o di “riconoscimento della professionalità degli insegnanti” è davvero un po’ eccessivo.
Diciamo piuttosto che il provvedimento dà risposta ad una esigenza del tutto elementare per la quale non ci dovrebbe essere neppure bisogno di una disposizione di legge: si ribadisce cioè il principio che il lavoro del dipendente pubblico, anche se prestato come supplente, deve essere retribuito in tempi ragionevoli.
In genere quando andiamo dal dentista, al termine della prestazione paghiamo il dovuto per il semplice motivo che ci è stata erogata una prestazione professionale e non perchè abbiamo deciso di “dare una svolta” ai nostri rapporti con il dentista.
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