Anche il il senatore della Lega Mario Pittoni si concentra sul nuovo sistema di reclutamento dei docenti, derivante dalla Legge 79/2022 del 29 giugno scorso, che ha reso più lungo e difficile il percorso di accesso alla professione, quasi ignorando i precari di lunga data, ai quali viene fornita solo una strada semplificata per accedere ai concorsi pubblici.
Il senatore leghista ricorda “che la qualità dell’insegnamento parte da un’adeguata conoscenza di caratteristiche e sensibilità di ogni singolo studente. Obiettivo impraticabile affidandosi a un esercito di supplenti, come puntualmente avviene in seguito a una politica che da tempo ha rinunciato a investire sugli insegnanti, di fatto non supportando il loro impegno neanche in aree fragili o disagiate e rendendo difficile anche solo abilitarsi”.
Secondo Pittoni “l’invarianza di spesa è ormai alla base del via libera a qualsiasi norma sull’argomento”, ma, continua, “se con l’intervento europeo arriveranno fondi importanti per le strutture scolastiche senza che parallelamente lo Stato faccia la sua parte sul fronte del personale (insufficiente e con stipendi lontani dagli standard europei), l’istruzione resta al palo”.
Il senatore del Carroccio ricorda, infine, che “è vero che nel 2026 potrebbero servire 30 mila docenti in meno a seguito del calo demografico, per cui dovremmo addirittura ringraziare se si finanzierà lo stesso numero di lavoratori della scuola. Ma si dimentica che gli uffici scolastici sono costretti ogni anno a cercare 150/200 mila supplenti. Per non parlare delle carenze che coinvolgono il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) senza il quale – conclude Pittoni – le scuole neanche aprono”.
Sulle immissioni in ruolo riservate ai supplenti con almeno 36 mesi di servizio, il titolo d’accesso richiesto per l’accesso alla classe di concorso e l’abilitazione all’insegnamento – il cosiddetto “doppio canale”, già in passato adottato per fare fronte situazioni di emergenza – ‘La Tecnica della Scuola’ ha organizzato un sondaggio on line.
Nel corso della legislatura che sta volgendo al termine, sul ‘no’ alla stabilizzazione dei docenti sulla base dei titoli e servizi svolti, ha pesato tantissimo il veto del primo partito dell’ormai finito Governo Draghi, il M5s. Ma anche Pd, Italia viva e Forza Italia si sono detti sostanzialmente d’accordo nell’interpretare alla lettera l’articolo della Costituzione che prevede l’assunzione nei ruoli dello Stato solo tramite concorso.
Dalla Lega è giunta in più occasioni la richiesta di cancellare il precariato applicando la direttiva europea che ostacola la reiterazione dei contratti a termine, la 70 del 1999, andando ad assorbire nei ruoli dello Stato tutti gli abilitati con almeno tre anni di servizio alle spalle.
Il tema è entrato tra quelli più citati in questo nell’inizio della campagna elettorale che porterà gli italiani alle urne il prossimo 25 settembre.
Ai lettori della Tecnica della Scuola, quindi, chiediamo cosa pensano di un modello di reclutamento di questo genere, con le assunzioni da aprire anche i precari di lungo corso: una modalità che, tra l’altro, andrebbe a colmare quei tanti vuoti di cattedre che hanno portato l’Italia al record di assegnazione di supplenze annuali (oltre 200 mila). Una circostanza che quest’anno potrebbe ripetersi, considerando le ancora tante graduatorie dei precari esaurite e i ritardi nella formazione delle liste di vincitori dei vari concorsi (ordinari e straordinari) svolti nell’ultimo anno.
C’è però anche da fare una considerazione: cosa direbbe l’Unione europea se passasse questa forma di reclutamento, con una via preferenziale per determinati lavoratori e quindi con l’aggiramento del concorso pubblico ordinario classico? Più di qualche politico ha già detto che l’Italia non farebbe una bella figura.
Si dovrebbe spingere sull’immissione in ruolo dei precari con selezione per soli titoli? Siete favorevoli o contrari?
Le immissioni in ruolo 2022 continuano a tenere fuori una platea molto vasta di precari. I concorsi scuola non permettono la stabilizzazione del precariato e producono con il loro nozionismo anche un alto numero di bocciati. L’anno scolastico 2022/23 si profila, quindi, per l’ennesima volta, all’insegna di cattedre vuote e precariato. La Tecnica della Scuola interroga i propri lettori sull’argomento.
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