La FLC CGIL sottolinea il malfunzionamento dell’algoritmo delle supplenze annuali da GaE e GPS, affermando che sono stati lasciati a casa i precari con maggiore punteggio e che le scuole lavorano ancora con orari ridotti.
Le cose che non hanno funzionato
In particolare l’algoritmo ha pienamente fallito, scrive la FLC CGIL sul suo sito, nei seguenti aspetti:
- l’impossibilità di unire più spezzoni, fino a raggiungere un numero di ore adeguato a garantire un salario dignitoso che consenta alle persone di vivere dignitosamente;
- l’applicazione errata del sistema delle precedenze, tanto che i docenti specializzati su sostegno sono stati scavalcati persino da chi non ha la specializzazione;
- la confusione tra riserve (ad es. L. 68/99 connessa all’invalidità civile) e precedenze (ad es. L.104/92), per cui il software invece di accantonare i posti per i riservisti glieli ha assegnati con priorità assoluta.
In alcune province, gli uffici scolastici provinciali, sono intervenuti a correggere gli errori e a modificare gli errori procurati dall’algoritmo, in altri territori gli errori sono rimasti non corretti e i docenti precari sono rimasti lesi nel loro diritto di avere l’incarico.
Per esempio in provincia di Reggio Calabria dove per alcune classi di concorso c’erano numerosi riservisti, questi non solo hanno avuto diritto alla riserva del posto, ma hanno anche scelto prioritariamente rispetto chi era prima di loro in graduatoria e avrebbe avuto diritto a scegliere la preferenza prima del riservista. Questo ha comportato che alcuni precari storici non hanno avuto la supplenza.
Il paradosso di non avere inserito tutte le sedi
Uno dei problemi più gravi che a oggi non hanno trovato soluzione, viene segnalato dalla FLC CGIL, riguarda la penalizzazione subita da tanti docenti precari che ricoprono le più alte posizioni delle graduatorie. Si tratta di un fenomeno che ci segnalano da diverse province, soprattutto quelle più grandi, come Napoli, Milano, Roma, dove tanti insegnanti sono rimasti senza incarico e poi scavalcati nei successivi turni di nomina da chi ha punteggi più bassi.
Si tratta di un effetto paradossale prodotto da due fattori: la tempistica troppo frettolosa con cui sono state avviate le operazioni del primo turno di nomina dei supplenti, quando ancora tante sedi disponibili derivanti da rinunce non erano ricomprese ricomprese nel pacchetto dei posti assegnabili e la previsione per cui la mancata espressione anche di una sola sede disponibile nel proprio turno di nomina equivale a rinuncia all’incarico.