Forse perché non è citata in nessuno dei manuali che si occupano di letteratura, né nelle antologie, né alcun passo dei suoi romanzi è preso come esempio nobile nei linguaggi dell’arte, anche quella più recente, sta di fatto che l’uscita di Susanna Tamaro al Salone del libro sulla inattualità di Giovanni Verga ma della sua costante presenza, ormai datata e senza interesse, nei programmi scolastici è piaciuta a pochi. Forse a nessuno.
Come Tamaro, del resto, sono in tanti ad accusare il sismografo come causa del terremoto, saltando a piè pari il concetto essenziale: non è la datazione nel tempo che fa la buona o la cattiva letteratura, ma è chi la maneggia a spezzarla o valorizzarla. Come nel cinema quando filma lo stesso tema, ma in contesti diversi, o a teatro o in pittura.
Prendiamo il tema della “gelosia”: Otello e compare Alfio. Solo i contesti sono differenti, ma la tragedia ha una sua logica strada che li accomuna. Dunque, se a scuola si vuole affrontare questo tormento dell’anima, quali autori si scelgono?
Il grande merito della letteratura sta infatti nel rendere universali sentimenti e condizioni che agitano l’uomo fin dal suo apparire sulla terra, ma con stile e lingua non comune e dunque attraverso una forma espositiva, la parola, che fa la differenza. Ma non solo, nella letteratura che merita attenzione a scuola c’è un nesso tra verità e significato, forma e contenuto, stile e autore, compresa la qualità stessa della scrittura, la sua potenza evocativa, l’accuratezza e la coloritura delle metafore, l’indugio dentro alle figure retoriche e il loro consumo.
In altre parole, l’identità dell’autore è determinata da come la storia è raccontata, dalle arrampicate sintattiche sulle cime dell’espressione e dei suoi contenuti raffigurati in un modo che afferra e coinvolge chi legge. Più che l’oggetto in sé, a interessare spesso è il modo come esso è rappresentato e descritto.
Non è datata la Cappella Sistina? E per questo non ha capacità evocativa anche se il soggetto dovesse riguardare la Guernica di Picasso o i baci appassionati di Klimt?
Da qui anche un’ulteriore riflessione tra linguaggio trasparente e opaco, vale a dire: la descrizione esatta della realtà o la sua introspezione opaca, letta attraverso il vetro appannato dal respiro dell’autore.
Cancellare Verga, e con lui tutta quella schiera di scrittori antichi e che annoiano, Dante compreso, non si può leggere dunque che come una boutade a cuor leggere di una scrittrice, un modo per dire: leggete i miei libri che sono moderni. Ma basta così. E ci potrebbe stare, ma se a lanciarne le altezze letterarie, come avrebbe detto Thoma Mann, non è un bravo maestro, le strade tamariane del cuore andrebbero a finire anche loro nella noia più abietta, aggravata dalla mediocrità della sua scrittura rispetto a Verga a cui facciamo un torto, peccando mortalmente, a volerlo accumunare alla Nostra.
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