Si parla tanto di restituire dignità sociale al ruolo dell’insegnante, ma non si analizzano abbastanza le cause che hanno determinato il deprezzamento sociale della funzione docente e della loro libertà d’insegnamento.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un linciaggio mediatico e politico volto a destabilizzare la dignità sociale del ruolo degli insegnanti.
Abbiamo sentito dire, anche da alte cariche dello Stato, che gli insegnati della scuola pubblica sono degli inculcatori, dei fannulloni, ed è stato detto anche che per quanto lavorano prendono anche un cospicuo stipendio.
Gli insegnanti sono stati indicati, facendo di tutta l’erba un fascio, come eccessivamente corporativi, la categoria maggiormente sindacalizzata, e sono stati definiti ingenerosamente come dei privilegiati che lavorano solamente per 18 ore settimanali con lunghi periodi di vacanza, riferendosi a quelle estive, di Natale e Pasqua. Su queste basi, assolutamente errate, è stata fatta, contro la categoria degli insegnanti, un’operazione, tutt’ora ancora in atto, di forte svalutazione contrattuale e di una consistente inflazione dei carichi di lavoro.
In buona sostanza si è messa in moto una macchina la cui dinamica è programmata su una sorta di algoritmo capace di destrutturare il contratto collettivo nazionale della scuola e contemporaneamente di aumentare per via legislativa i carichi di lavoro degli insegnanti a parità di salario.
Cosa potrebbero fare il Governo Renzi e la ministra Giannini per invertire questo diabolico percorso che ha fortemente messo in crisi il ruolo dell’insegnante?
Bisognerebbe programmare un anti-algoritmo volto a costruire un nuovo contratto collettivo nazionale della scuola in cui venga riconosciuto tutto il reale lavoro che va, per la sua complessità e peculiarità, ben oltre alle semplici ore di lezione frontale. Sarebbe opportuno comprendere che il lavoro dell’insegnante non si esaurisce al lavoro fatto in presenza degli studenti, ma è molto più complesso in quanto c’è tutta un’attività preparatoria delle lezioni, c’è tutta la parte degli aggiornamenti e formazione, c’è la fase della preparazione delle verifiche e delle relative correzioni, ci sono tutte le attività burocratiche e collegiali, c’è l’attività dei rapporti scuola-famiglia.
Pensare e dire che gli insegnanti lavorano solamente per sole 18 ore settimanali è non soltanto falso, ma anche tendenzioso e disonesto. Gli insegnanti hanno un lavoro molto complesso e totalmente sottopagato, ecco perché stanno perdendo il loro prestigio sociale e sono fortemente demotivati e stressati.
Da qualche anno con la progressiva riduzione dei fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa non esiste più di fatto nemmeno la contrattazione d’Istituto e molte attività aggiuntive che i docenti continuano a garantire vengono svolte senza la possibilità di retribuzione. Ecco perché parliamo di svalutazione contrattuale e di inflazione dei carichi di lavoro degli insegnanti.
Un’altra sofferenza che pervade lo status giuridico del docente è quella di trovarsi assoggettati ai propri dirigenti scolastici, che come fossero una sorta di “deus ex machina” che decidono di assegnare i docenti alle classi, li rimproverano se si comportano male e se lo ritengono gli applicano anche sanzioni disciplinari così come prevede il decreto n. 150/2009.
Anche questo determina agli occhi di studenti e famiglie una decisa perdita di credibilità sociale del docente, che può essere bacchettato, senza andare troppo per il sottile, dal dirigente scolastico di turno.
Se Renzi, come dice, vuole ridare dignità sociale al ruolo dell’insegnante, deve sapere che ha tanto lavoro da fare, incominciando principalmente dal rivalutare l’importanza della contrattazione e del contratto di lavoro.
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