Cosa sono gli ecoschemi? I nuovi regimi ecologici stabiliti dall’Unione europea in favore degli agricoltori che mettono in atto alcune pratiche utili per il clima e l’ambiente. In parole povere, si tratta di misure di sostegno economico per le aziende a fronte di pratiche eco sostenibili.
Gli ecoschemi sono forse l’innovazione più importante della nuova Pac (Politica agricola comune) e rappresentano il 25% dei pagamenti diretti, che significa per l’Italia un plafond di oltre 874 milioni di euro annui.
Gli ecoschemi sono dei regimi per il clima e l’ambiente, che rientrano fra le tipologie previste dalla Pac nei pagamenti diretti (che sono, più dettagliatamente, il sostegno al reddito di base per la sostenibilità, il sostegno redistributivo complementare, il sostegno complementare per i giovani agricoltori, il sostegno accoppiato al reddito e, appunto, i regimi per il clima e l’ambiente rappresentati dagli ecoschemi).
Gli ecoschemi individuati all’interno del Piano Strategico Nazionale italiano, rispedito al ministero delle Politiche Agricole dalla Commissione Agricoltura dell’Ue, sono cinque. Li ricordiamo, per chiarezza.
Ecoschema uno: pagamento per il benessere animale e la riduzione degli antibiotici; è legato alla zootecnia e punta al benessere animale e alla riduzione dell’utilizzo dei farmaci negli allevamenti. Plafond: 370,23 milioni di euro annui.
Ecoschema due: inerbimento delle colture arboree, dedicato a tutte le superfici occupate da colture permanenti (legnose agrarie) e altre specie arboree permanenti a rotazione rapida. Plafond: 153,03 milioni di euro annui.
Ecoschema tre: salvaguardia olivi di particolare valore paesaggistico, per tutte le superfici olivetate di particolare valore paesaggistico e storico, anche in consociazione ad altre colture. Plafond: 147,8 milioni di euro annui.
Ecoschema quattro: sistemi foraggeri estensivi, introduzione di colture leguminose foraggere, nonché da rinnovo in avvicendamento, con l’impegno alla gestione dei residui con un’ottica di sequestro di carbonio. Plafond: 160,26 milioni di euro annui.
Ecoschema cinque: misure specifiche per gli impollinatori, che interessa le superfici a seminativo e quelle occupate da colture arboree permanenti. Plafond: 42,7 milioni di euro annui.
Nel documento inviato a Roma, la Commissione Agricoltura dell’Unione Europea aveva invitato l’Italia a riconsiderare la priorità delle esigenze per quanto riguarda la resilienza, il carbonio organico nel suolo e la biodiversità.
“Nel complesso – questo uno dei rilievi di Bruxelles – il quadro degli ecoschemi è piuttosto fragile e non sembra cogliere l’opportunità di includere un’ampia gamma di questioni ambientali e climatiche, quali la protezione delle fonti idriche, la riduzione dell’uso di acqua, nutrienti e agrofarmaci, nonché il sequestro del carbonio. Si invita pertanto l’Italia ad affrontare più efficacemente tali questioni e ad accrescere il valore ambientale e climatico del quadro degli ecoschemi per poter contribuire effettivamente agli obiettivi del Piano. La demarcazione tra gli ecoschemi, in particolare due, quattro e cinque, e la condizionalità non è sempre chiara”.
Inoltre, l’Italia è invitata a “rettificare le informazioni fornite nella sezione cinque del Piano per quanto riguarda le dotazioni finanziarie degli ecoschemi per l’anno civile 2027, che sono inferiori al 25% richiesto”.
La Commissione Ue invita l’Italia a “migliorare significativamente la descrizione degli impegni per consentire di valutarne la natura, l’ambizione (al di là delle norme e dei requisiti di base) e la capacità di conseguire gli obiettivi corrispondenti”. Al nostro Paese viene chiesto di “spiegare come intende gestire le incertezze in merito all’utilizzo degli ecoschemi da parte degli agricoltori. Tutti gli ecoschemi fissano importi unitari più elevati nelle zone vulnerabili ai nitrati senza fornire ulteriori informazioni sul livello di sostegno previsto. Se da un lato è importante promuovere pratiche sostenibili nelle zone inquinate, gli ecoschemi dovrebbero comunque includere impegni che affrontino direttamente le perdite di nutrienti”.
È pertanto opportuno, annota la Commissione Ue, “aggiungere alla tabella finanziaria gli importi unitari più elevati per le zone vulnerabili ai nitrati e le zone Natura 2000”.
Vediamo alcuni aspetti più in dettaglio, secondo quanto scritto da Bruxelles.
L’Italia è invitata a “fornire una descrizione di riferimento per indicare se e in che modo i periodi limite proposti per il pascolo obbligatorio contribuirebbero ad accrescere il benessere degli animali. L’Italia è invitata a rivedere i criteri per il calcolo dei pagamenti per le pratiche di livello due, in quanto non sono coerenti con la natura degli impegni. Infatti, mentre il livello due prevede un periodo minimo di pascolo (per i ruminanti) o un periodo minimo di allevamento in spazi aperti/semi aperti (per i suini), la spiegazione relativa all’importo unitario si riferisce ai costi di profilassi e di biosicurezza”.
Alcuni impegni non sono descritti chiaramente. Ad esempio, l’impegno a “limitare progressivamente” l’uso dei prodotti fitosanitari “non è sufficientemente definito e quantificato e può causare incertezza negli agricoltori in merito ai loro obblighi. Le coperture verdi dovrebbero essere gestite esclusivamente mediante diserbo meccanico”.
L’ecoschema propone almeno novanta giorni di copertura minima del suolo, mentre la nuova proposta riduce tale durata a soli sessanta giorni. Si chiede all’Italia “che il livello di protezione dei suoli nelle colture permanenti sia rafforzato“.
L’Italia è invitata a “rafforzare gli impegni proposti, spiegando nel dettaglio in che modo essi vanno al di là delle pratiche ordinarie e dei requisiti obbligatori di base”.
L’Italia è invitata a “modificare questo ecoschema in quanto riguarda tutte le superfici foraggere, compreso il mais foraggero e altri seminativi per foraggio, e non comporta quindi alcun beneficio ambientale. L’ecoschema dovrebbe piuttosto concentrarsi su leguminose, pascoli temporanei (in sostituzione di seminativi per foraggio) e altre colture per la diversificazione dei seminativi, contribuendo nel contempo efficacemente agli obiettivi descritti. L’Italia dovrebbe inoltre garantire che l’incorporazione di residui per le colture da rinnovo vada oltre i potenziali requisiti di base e le pratiche abituali”.
L’Italia è invitata a “definire precisamente la superficie oggetto dell’impegno ammissibile a ricevere il sostegno; chiarire quali sono le dimensioni e la durata della superficie di interesse per gli impollinatori nei seminativi”; specificare “una larghezza minima per la copertura mellifera nelle colture permanenti e nei seminativi; spiegare in che modo gli impegni vanno oltre la condizionalità e i requisiti legislativi nazionali fornendo una valutazione di ciascun impegno rispetto al quadro di riferimento attuale (baseline); questo aspetto è infatti indicato, ma non spiegato”.
L’Italia è inoltre “invitata a giustificare ulteriormente l’aumento degli importi unitari per le zone vulnerabili ai nitrati”.
È opportuno che l’Italia tenga presente i rilievi della Commissione Agricoltura, così da uniformare il documento relativo al Piano Strategico Nazionale secondo quanto indicato da Bruxelles.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto ParteciPAC (www.partecipac.eu), finanziato dal programma IMCAP dell’Unione europea.
Le opinioni espresse nel presente articolo sono quelle dell’autore che ne assume la responsabilità esclusiva. La Commissione non è responsabile dell’eventuale uso delle informazioni in esso contenute.
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