Il ricambio generazionale è una delle sfide forse più sottovalutate. Si pensa alla transizione ecologica, in parte a quella digitale, ora la guerra in Ucraina ha rilanciato il tema dell’autosufficienza alimentare in Europa e così il tema dell’incremento delle produzioni e l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’estero è ritornato al centro delle politiche agricole.
Quello che sembra ancora particolarmente complicato da risolvere è il rebus del ricambio generazionale e dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e ai tavoli aziendali. Eppure la Politica Agricola Comune (Pac) annovera fra i propri strumenti quello del primo insediamento, l’aiuto specifico che viene assicurato – con diverse percentuali di intervento in base all’ubicazione dell’azienda – per favorire l’ingresso di under quaranta nel sistema agricolo.
Ebbene, i dati recentissimi del 7° Censimento Generale dell’Agricoltura, i cui primi risultati sono stati illustrati pochi giorni fa alla presenza del ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, sono tutt’altro che confortanti. Se resta invariata la percentuale di capi azienda fino a 29 anni di età (il 2,2%), il numero di capi azienda da 30 a 44 anni nel 2010 era il 15,4%, mentre nel 2020 tale soglia è diminuita all’11,2%.
Non possiamo pensare di essere fra i Paesi europei con gli agricoltori che esibiscono una carta d’identità con l’età media fra le più elevate (a memoria, peggio dell’Italia solo la Bulgaria e forse la Romania).
Ma come direbbe (o, meglio, scriverebbe) Nick Hornby, “non buttiamoci giù”. E dalla Campania ci vengono in soccorso due casi di giovani imprenditori che hanno scelto di investire in agricoltura. Sono i casi raccontati egregiamente in video dalla collega Barbara Righini per il progetto europeo ParteciPAC. E celebrano due specializzazioni agricole di cui l’Italia va molto fiera: la viticoltura e l’orticoltura.
E così, ecco la storia di Michele Perrone, titolare dell’Azienda vitivinicola Tralcio, fondata nel 2018 a Formicola (Caserta), con una superficie vitata di 4 ettari e due vitigni autoctoni (la grande forza dell’Italia, che vanta ben 526 vini Dop e Igp e ancor più vitigni espressione del territorio), come Casaveccchia e il Pallagrello.
Ad ispirare Perrone nella sua avventura agricola è stato un film, come lui stesso ci racconta. “Il profumo del mosto selvatico”, con Keanu Reeves protagonista, nel quale “si respirava aria di convivialità, gioia, benessere, di felicità, fraternità, tutti valori che mi avevano colpito e che mi avevano spinto nel corso degli anni a investire in agricoltura”. E, ci auguriamo, a trovare la felicità.
Ispirata dall’amore e dalla passione per il territorio e la natura è la missione imprenditoriale di Gianluigi Coppola, titolare dell’omonima Azienda agricola fondata nel 2017 a Ruviano (Caserta), in cui produce cipolla alifana, confettura di cipolla alifana, fagiolo mezzo cannellino nostrano. Anche in questo caso il territorio vince e la produzione locale viene promossa attraverso i canali social di Facebook e Instagram, strumenti moderni che dialogano con i coetanei e che hanno permesso al giovane imprenditore di affacciarsi su un mercato nazionale (e chissà, magari in futuro anche all’estero).
Fra gli obiettivi di Coppola, inoltre, la realizzazione di un laboratorio aziendale per la trasformazione e un agriturismo (settore che anche il Censimento dell’Agricoltura ci conferma in forte crescita, praticato dal 37,8% delle aziende agricole con attività connessa) per promuovere direttamente in loco un territorio e i prodotti propri e dei colleghi agricoltori.
Vince il senso di comunità e di responsabilità sociale, che è una delle grandi spinte che accomuna i giovani, sempre più “sharing addicted”, come divulgato anche da ricerche sociologiche recentissime.
E una conferma arriva dallo stesso Michele Perrone: “Mi ha sempre affascinato l’idea di Adriano Olivetti di comunità”. Ed è per questo che la sua missione è andata oltre l’aspetto della mera redditività, per “realizzare un’Azienda agricola che sia una realtà economica non solo efficiente, ma che dia benessere economico all’interno dell’area e che migliori lo status quo che si respira nell’area”.
Non per niente l’idea di condivisione e di cooperazione come volàno per migliorare l’efficacia di ricerca e innovazione sono i pilastri menzionati pochi giorni fa dal commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, per costruire un nuovo “Patto rurale”, così da avere comunità rurali più forti. E questo si potrà realizzare grazie alla spinta dei giovani, più vicini alle nuove tecnologie, alla digitalizzazione, ma anche a quella mutualità che è da sempre il cemento sociale dell’agricoltura.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto ParteciPAC (www.partecipac.eu), finanziato dal programma IMCAP dell’Unione europea. Le opinioni espresse nel presente articolo sono quelle dell’autore che ne assume la responsabilità esclusiva. La Commissione non è responsabile dell’eventuale uso delle informazioni in esso contenute.
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