Pubblicata l’edizione 2024 del rapporto dell’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – Svimez, per la quale l’emergenza è l’emigrazione non l’immigrazione, perché l’Italia entro 2050, perderà 4,5 milioni di abitanti e l’82% della perdita interesserà le regioni meridionali: -3,6 milioni. Non solo spopolamento, ma un progressivo “degiovanimento” che colpirà soprattutto il Mezzogiorno, che perderà 813mila under 15, quasi un terzo di quelli attuali (-32,1%), mentre gli anziani con più di 65 anni aumenteranno di 1,3 milioni (+29%).
Un trend demografico avverso che avrà un forte impatto sul numero degli iscritti nelle scuole italiane.
Al 2035, la riduzione di studenti è stimata al -21,3% nel Mezzogiorno, addirittura al -26% nelle regioni del Centro, –18% nelle regioni settentrionali.
Per la scuola primaria, il rischio chiusura è concreto in 3mila comuni con meno di 125 bambini, numero sufficiente per una sola “piccola scuola”: il 38% del totale dei comuni (quota che sale al 46% nel Mezzogiorno), localizzati soprattutto nelle aree interne.
E ancora. Dal 2012 al 2022, 138mila giovani laureati (25-34 anni) hanno lasciato l’Italia. Tra gli altri fattori, incidono sulla scelta le basse retribuzioni: dal 2013 le retribuzioni reali lorde per dipendente sono calate di 4 punti percentuali (-8 nel Mezzogiorno), contro una crescita di 6 punti in Germania. Negli ultimi 10 anni i giovani laureati che hanno lasciato il Mezzogiorno per il Centro-Nord sono quasi 200mila.
Le migrazioni intellettuali da Sud a Nord sono alimentate anche dalla mobilità studentesca: due studenti meridionali su dieci (20mila all’anno) si iscrivono a una triennale al Centro-Nord, quasi quattro su dieci (18mila all’anno) a una magistrale in un ateneo settentrionale.
Per alcune regioni meridionali il tasso di uscita degli studenti magistrali è nettamente superiore: in Basilicata l’83% lascia la regione, il 74% in Molise, più del 50% in Abruzzo, Calabria e Puglia. Tra il 2010 e il 2023, il sensibile aumento del numero di laureati meridionali si è realizzato esclusivamente grazie ai titoli conseguiti presso atenei del Centro-Nord (+40mila), mentre è addirittura diminuito il numero di laureati presso gli atenei meridionali.
Sull’autonomia differenziata la Svimez segnala rischi di frammentazione delle politiche pubbliche e di ampliamento dei divari di cittadinanza.
I rilievi della Corte Costituzionale confermano molte delle critiche avanzate in questi anni e colpiscono di fatto i punti cruciali della Legge 86/2024: possibilità di devolvere intere materie; derubricazione dei Lep a meri adempimenti amministrativi; svilimento del ruolo del Parlamento.
La Svimez riconosce nelle osservazioni della Corte la contrarietà a una idea divisiva del Paese, incurante dei divari di cittadinanza e basata sulla conflittualità tra Stato e Regioni e tra cittadini dei diversi territori. Il richiamo della Corte non può rimanere inascoltato, le trattative con le Regioni richiedenti maggiori autonomie andrebbero sospese.
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