Il concetto di “capitale culturale“, elemento di sociologia contemporanea teorizzato da Pierre Bordeau nel 1979, consente di comprendere come le fasce della popolazione contemporanea si relazionano con cultura, società sulla base della rispettiva posizione economica. In pratica, tale idea o forma teorica potrebbe essere concepita come la modalità con cui uno studente, una famiglia o un gruppo di persone si relazionano alla cultura, all’erudizione e ad altre attività di natura educativa tenendo in considerazione la posizione economica e sociale. L’esistenza di differenti gusti tra i vari ceti – se presenti – rende il fenomeno del consumo, secondo Bordeau, un fatto interconnesso alla cultura in cui il consumatore o l’acquirente si inserisce. In un mondo frenetico e caratterizzato da intensi cambiamenti di natura sociale, economica e culturale, si rivela necessario accompagnare gli studenti e le studentesse in un percorso che possa effettivamente permettere loro di sviluppare delle capacità ben relazionate al concetto – o alla realtà – qui precedentemente espressa. Ciò, in ogni caso, si sta verificando in Svizzera, dove numerosi plessi scolastici delle aree francofone del territorio stanno approvando e discutendo percorsi che prevedono ore dedicate anche ai dibattiti culturali relazionati all’economia ed al posizionamento sociale e finanziario delle proprie famiglie di riferimento.
La Scuola Americana del Ticino, sita a pochi chilometri da Lugano, è stata la prima ad attivare i corsi dedicati al capitale culturale all’interno della propria offerta formativa. Il tentativo, come fa presente il Dirigente Scolastico Mark Aeschliman, è quello di incentivare la creazione di un terreno o di una prestruttura neutra dove i ragazzi e i docenti possano scambiare idee e opinioni sul tema, creando un positivo contesto di unione e equivalenza tra classi e famiglie. Tutto ciò permetterà agli alunni di beneficiare di un curriculum ricco, dedicato anche e soprattutto alla discussione degli eventi che interessano il continente europeo da vicino e da lontano: crisi economiche, conflitti, tensioni interetniche ed altro ancora. Il fine considerato ultimo, ma non in termini di significato, sarebbe inoltre quello di far sì che gli studenti acquisiscano o facciano proprio il desiderio di entrare in contatto con nuove culture, stili di vita, fedi e lingue, in mod tale da favorire la nascita interiore di un meccanismo che necessita di dialogo ed interazione attiva con altri mondi.
Il caso della Scuola Americana in Svizzera ha sollevato l’interesse di simili istituzioni, private o meno, dedicate alla formazione non solo scolastica, ma anche universitaria. L’interesse per il capitale culturale, che dovrebbe favorire la nascita di piattaforme di dialogo, scambio tra idee e culture differenti, ha fatto sì che altri istituti abbiano tenuto seriamente in considerazione l’idea di aggiornare i propri piani didattici o solo il relativo approccio con le discipline umanistiche e scientifiche su cui le lezioni giornaliere sono strutturate. Il tentativo risulta, in ogni caso, anche quello di allontanarsi da una concezione esclusivamente europea ed etnocentrica della disciplina storica ed artistica, come se questa non possa vertere anche su culture apparentemente ritenute distanti, come quella araba, asiatica o oceanica. La Confederazione Elvetica e i relativi dipartimenti per l’istruzione hanno provveduto ad attivare simili programmi anche per scuole medie e elementari, opportunatamente semplificati.
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