Ancora un forte segnale che conduce verso la stabilizzazione del personale precario di lunga data. Stavolta arriva dalla prima applicazione della storica sentenza della Corte di Giustizia europea del 26 novembre scorso: a Napoli il giudice del lavoro Paolo Coppola, prendendo atto della pronuncia emessa dai giudici di Lussemburgo, ha accolto il ricorso di alcune docenti precarie: Alba Forni, Immacolata Racca e Raffaella Mascolo. Quest’ultimo è un nominativo già noto a chi segue le vicende scolastiche, perché nel 2012, andando contro a quanto stabilito della Cassazione, era stato quello per cui lo stesso giudice Coppola aveva chiesto l’intervento della Corte lussemburghese.
A 45 anni compiuti, la docente viene così assunta in ruolo d’ufficio, ottenendo anche un risarcimento danni non proprio simbolico, visto che lo Stato dovrà assicurarle la ricostruzione di carriera a partire dal 37esimo mese di servizio.
“La sentenza sulla docente di Ischia – scrive il sindacato guidato da Marcello Pacifico – arriva a distanza di cinque anni da quando l’Anief denunciò il danno prodotto ai precari italiani, costituendosi in Corte Costituzionale, cui seguirono migliaia di ricorsi presentati nei tribunali del lavoro italiani, che si vanno a sommare alla miriade di denunce pervenute alla Commissione Europea, proprio per l’incompatibilità della normativa nazionale rispetto alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato”.
Il sindacato ricorda, poi, che “già nel 2011 arrivarono congrui risarcimenti danni a favore dei precari ricorrenti, con indennizzi fino a 30mila euro”.
Con la Legge 106/2011, lo Stato cerca di mettere un argine e deroga espressamente all’esecuzione del diritto dell’Unione per via di ragioni oggettive, che nell’estate del 2012 sono state individuate dai giudici di Cassazione nella particolare condizione della scuola italiana: per il nostro Stato, i precari sarebbero addirittura “fortunati”, perché con il servizio accumulano in graduatoria punti per entrare di ruolo. Mentre gli organici non sarebbero prevedibili e il pareggio di bilancio imporrebbe risparmi.
La svolta è arrivata a marzo 2014, quando “la Corte UE decise di accogliere i ricorsi prendendo tempo per esaminare la situazione. A luglio, poco prima dell’accoglimento, già l’avvocato generale, Maciej Szpunar, che si era espresso positivamente sulle motivazioni”. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “a questo punto tutti i tribunali italiani si dovranno adeguare alla sentenza delle Corte europea, come ha fatto oggi il giudice di Napoli. Ma vinta questa battaglia l’Anief non si fermerà: oltre all’assunzione, i precari hanno diritto a percepire gli scatti di anzianità da precari, al pagamento delle mensilità estive, alla riconoscimento pieno del periodo pre-ruolo anche ai fini della mobilità”.
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Del fatto si è occupata anche la Flc, che con “la Cgil erano intervenute in giudizio la prima volta presso il tribunale di Napoli e la seconda volta in sede europea per sostenere e rafforzare le ragioni dei precari. È questa una sentenza importantissima che ci rafforza nella nostra battaglia che porteremo avanti fino a quando il Governo non avrà reso giustizia a tutti i precari”, avverte il sindacato Confederale.
Più che soddisfatta si dice poi la Federazione Gilda-Unams, secondo cui “la sentenza emessa dal Foro di Napoli dispone l’assunzione a tempo indeterminato a partire dal primo giorno del 37esimo mese di servizio (in ottemperanza alla norma comunitaria che vieta la reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi, ndr) e riconosce il risarcimento del danno per i periodi di interruzione del lavoro intercorsi dal 36esimo mese fino all’effettiva immissione in ruolo. Riconosciuto anche il diritto alla ricostruzione di carriera. Il tribunale di Napoli ha inoltre condannato il Miur a pagare le spese legali sostenute dalla Federazione Gilda-Unams”.
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