Una scuola senza cellulari, senza facili indulgenze, dove lo studio è merito e sacrificio, dove i genitori fanno i genitori e i professori sono l’autorità in classe, con il preside a rappresentare l’autorità della scuola: all’istituto “ 91° Minniti” di Napoli sembra si voglia ritornare alla scuola anni “50 del 900.
Il Giornale riporta l’intervista alla preside di questa scuola, intenzionata a rievocare pratiche ritenute obsolete.
“Prima dell’ingresso a scuola e dopo l’uscita trovo giusto che il ragazzo sia raggiungibile al cellulare dai genitori. Ma quando è in classe?”
La dirigente della “Minniti”, scrive Il Giornale, starebbe rivoluzionando la sua scuola: “Da quest’anno scolastico è a regime il divieto di utilizzare il cellulare in classe e durante l’orario delle attività scolastiche. E i genitori “hanno approvato e apprezzato”.
“In ogni classe- continua la preside- ci sono degli armadietti dove i cellulari vengono custoditi in sicurezza, sotto la nostra responsabilità, ma qualora ci fossero casi straordinari per i quali l’alunno avesse necessità di uscire prima della fine delle lezioni, è la famiglia che deve contattare la segretaria della scuola. Non accetto che un alunno con il cellulare vada, che so io, in bagno, e contatti la famiglia di nascosto”.
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Tuttavia, continua la dirigente “Qui al Minniti offriamo molte attività ai ragazzi e la scuola dev’essere punto di riferimento per una comunità, ma ciò che si comunica in una chat per me è come se non esistesse”.
Non una scuola vecchia maniera, bensì “uniamo il meglio dell’innovazione al meglio della tradizione. I nativi digitali sono diversi, ma l’insegnamento tradizionale è indispensabile per formare uomini e donne di domani e cittadini consapevoli. Lo sforzo per raggiungere un risultato è una componente ineludibile di un percorso di crescita”.
Per questo “Le tabelline vanno imparate a memoria. Poi l’alunno capirà qual è il meccanismo che regola le moltiplicazioni. Ma ci sono cose che devono essere imparate a memoria, anche per stimolare le attività cerebrali. Le poesie, le capitali, i fiumi, le città…”
“Secondo i programmi attuali, se va bene, un bambino dell’Europa e del mondo arriva a sapere qualcosa in seconda media” e per questo “molti insegnanti mi chiedono di utilizzare in sede d’interrogazione alla cattedra le cartine geografiche mute, quelle che non hanno scritte che indichino i luoghi, che devono invece essere indicati dall’alunno interrogato”.
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