Categorie: Riforme

Tagliare il riscaldamento alle scuole è solo una forma di ritorsione

“Se il governo non vuole ascoltarci faremo comprendere ai cittadini come i tagli li priveranno dei loro diritti e cominceremo chiudendo le scuole prima del tempo questo inverno perché non abbiamo i soldi per pagare il riscaldamento delle aule”. Questo ha detto Antonio Saitta, il nuovo presidente dell’unione province d’Italia.
Con facile demagogia si potrebbe dire, come è stato detto: tagliatevi i vostri riscaldamenti nei vostri uffici e l’aria condizionata dalla vostre stanze, ma si scadrebbe nella contrapposizione che non interessa sottolineare.
Ma il presidente dell’Upi continua: “Cinquecento milioni di tagli ai bilanci per il 2012 e 1,2 miliardi per il 2013 ci impediscono di assicurare il mantenimento dei servizi essenziali ai cittadini”.
E infatti le province gestiscono 5.179 edifici scolastici di scuola secondaria, composti di 117.348 classi che accolgono quasi 2 milioni e 600 mila alunni. “Abbiamo spiegato al governo che con questi tagli non si interviene su sprechi ma si cancella tutto. Con l’inverno alle porte non potremo più togliere la neve dalle strade, non abbiamo soldi per fare la manutenzione delle scuole nè quella straordinari per mettere in sicurezza gli edifici, nè quella ordinaria: non sappiamo come pagare le bollette di luce, gas, acqua, telefono. Per questo, se il governo non ci ascolterà, a Natale saremo costretti a chiudere le scuole prima del tempo”.
Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Italiana Presidi, commentando le parole di Saitta, conferma in effetti ciò che appare persino ovvio: “Fare dispetti e ritorsioni porta solo ulteriori problemi e nessuna soluzione: una catena senza fine. Voglio sperare che l’idea rientri solo in una forma di pressione nell’ambito delle contrattazioni tra Stato e autonomie locali per quanto riguarda la distribuzione delle risorse. Altrimenti potrebbe apparire come una sorta di sabotaggio al servizio dell’istruzione. Ma a tutto c’è un limite, anche alle ritorsioni”. Secondo il rappresentante dei presidi, le competenze delle Province, come provvedere al riscaldamento delle scuole, sono previste dalla legge ordinaria “e non si può derogare se non con un’altra legge; le Province non possono sottrarsi ai loro doveri e corrispondere al fabbisogno delle scuole non è una cosa facoltativa. Inoltre, la decisione del calendario scolastico “non e’ nelle disponibilità delle Province”. E poi ha fatto notare: le scuole sono andate avanti per anni senza avere le risorse necessarie per le spese generali di funzionamento ma non hanno mai detto: chiudiamo i battenti. Se l’ipotesi diventasse reale le scuole non avrebbero una reazione solo verbale: non si può pensare che si starebbe lì a battere i denti e a bruciare i libri per riscaldarsi. Ma non voglio credere a questa possibilità”
Ma anche il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, non è tenero col presidente dell’Upi: “Gli faccio i complimenti per il nuovo incarico e soprattutto gli auguro di avere un comportamento più consono all’Istituzione che rappresenta”.
Il fatto che in un secondo momento il presidente Antonio Saitta abbia voluto aggiustare il tiro, convince poco: “La nostra protesta non vuole colpire la scuola, anzi, vuole sollevare il velo su un tema drammatico, quello della sicurezza nelle scuole, che ci pare sia poco considerato quando si parla di tagli ai bilanci. Nei prossimi giorni contatteremo l’Associazione dei Presidi e dei dirigenti scolastici, perchè sappiamo che sono loro i primi a soffrire delle gravissime carenze nella manutenzione delle scuole. Vogliamo che i nostri ragazzi studino in scuole sicure e se possibile moderne, le Province vogliono continuare ad investire nelle scuole, ma se il Governo ci impedisce di utilizzare le risorse per investire e addirittura ci taglia i fondi per la manutenzione ordinaria, non siamo in grado di assicurare il servizio. Facciamo un appello al Ministro dell’istruzione, Profumo, perchè sostenga nel Governo la nostra richiesta di liberare risorse per l’edilizia e di togliere dal blocco del patto questi investimenti”.
‘”Questa – conclude Saitta – è una protesta per ricordare al Governo e al Paese che quando si tagliano risorse in maniera cosi drammatica agli Enti locali, sono i cittadini che perdono”.
Rimane tuttavia il sospetto che si volesse invece ammiccare agli studenti della secondaria, le cui scuole sono gestite dalla Provincia, per farli scendere in piazza a manifestare contro il Governo: una sorta di strumentale teste di ariete per pressare ed ottenere i fondi necessari. D’altra parte nello scorso luglio non fu l’ex presidente delle Province italiane, Giuseppe Castiglione, a minacciare che con i tagli previsti dalla spending review «non siamo nelle condizioni di poter assicurare l’apertura dell’anno scolastico»?
Fa pensare dunque questo continuo mettere la scuola al primo posto davanti al plotone di esecuzione dei tagli, quando invece dovrebbe stare all’ultimo.

Pasquale Almirante

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Pasquale Almirante

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