È significativo quanto emerge da Key2People, una delle maggiori aziende di “cacciatori di teste” in Italia.
“La trasformazione digitale sta cambiando profondamente il mondo del lavoro e delle professioni, è chiaro che il tema delle competenze sta alla base di qualsiasi progetto o iniziativa di trasformazione digitale”, ha detto Virginia Ghisani, Executive Search Partner della, head hunter made in Italy.
La trasformazione digitale nelle aziende così come nella Pubblica Amministrazione passa attraverso due percorsi paralleli che prevede da una parte l’inserimento di nuove figure in grado di portare competenze specialistiche nei diversi ambiti del digitale e in grado di portare una nuova cultura legata a modelli organizzativi “Digital Driven”.
Il secondo percorso è relativo alla formazione del personale interno che consente di valorizzare le competenze necessarie di base che li accompagni verso il mondo del digitale.
Una formazione “che stimoli l’attitudine al problem solving, il pensiero critico, il pensiero agile, l’interdisciplinarietà, il multitasking concettuale, la propensione al rischio, la creatività” secondo la Ghisani.
È ovvio che prima di tutto deve cambiare la cultura manageriale nelle aziende e nella PA.
Questo è un percorso che deve partire dall’alto, con la consapevolezza degli obiettivi che si vuole traguardare e con una pianificazione degli interventi secondo piani ben definitivi.
Che non ci sia in Italia ancora la giusta intensità per convertire le persone al digitale ne è convinto anche il Managing director di Google Italia (Fabio Vaccarono). Nell’intervento al convegno dei giovani di Confidustria il manager ha parlato di un Paese Italia “non pronto” a cogliere la sfida della Terza rivoluzione industriale. Si ipotizzano infatti, nel 2020 almeno 25 miliardi di device collegati alla rete.
Il dato che preoccupa maggiormente Vaccarono è appunto la questione culturale : Il 40% degli imprenditori dichiara ancora che Internet non è fondamentale per la sua attività.
Chiaro quindi che la rivoluzione digitale deve partire prima di tutto da una profonda trasformazione culturale di chi è allo stato decisionale più alto.
Altro aspetto fondamentale è la necessità di far crescere la formazione digitale a partire dalle scuole.
Come afferma la Ghisani, “facciamo molta fatica nel reperire competenze digitali specialistiche e con il digital mindset che serve”. Questo aspetto se paragonato al problema della disoccupazione è un campanello di allarme da tenere in forte considerazione.
Occorre formare, dunque le competenze digitali già dalle scuole secondarie superiori, introducendo programmi e materie ad hoc.
Cosi come è fondamentale creare “contaminazione” tra i diversi attori in gioco :startup, università, imprese, società di servizi e di prodotto e Pubblica Amministrazione.
La trasformazione digitale coinvolge tutti i settori delle aziende private che di quelle pubbliche per cui nessuno deve sentirsi escluso da questo processo di conversione.
Nella PA il pilastro fondamentale della digital transformation è il collaborative working, inteso come un processo di lavoro che consenta ai diversi interlocutori coinvolti, di condividere i modelli organizzativi, soluzioni tecnologiche e i progetti, orientati all’innovazione e alla digitalizzazione. Non a caso il collaborative working è stato scelto come modello di implementazione dell’agenda digitale.
È bene, quindi, che la scuola e l’Università facciano da da drivers dello sviluppo della nuova cultura per essere pronti a fornire “specialisti” e talenti dell’innovazione al mondo del lavoro.
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