Esce il 2° Rapporto “Talis 18” dell’Ocse sulla condizione di lavoro dei docenti (TALIS 2018 – Results. Teachers and School Leaders as valued Professionals. Vol 2) che però procrastinerebbe la presentazione dell’informativa sull’Italia, per causa sempre del famigerato virus.
Ad anticiparlo il Sole 24 Ore che riporta i punti più importanti a partire dalla percezione della considerazione della professione di docente nella propria società, in particolare nella scuola secondaria inferiore.
Da noi si sente valorizzato il 12,1%, con poche variazioni tra città e campagna, tra pubblico e privato e tra il 2013 (anno del precedente TALIS) e il 2018.
La media Ocse è del 25%, con un arco che va dal 72% di Singapore al 58,2% della Finlandia, dal 40,9% della Romania al 9,1% del Portogallo.
Rilevante è il fatto che i nostri presidi paiano ancora più pessimisti rispetto al riconoscimento sociale dei docenti: nel 2013 ci credeva l’8,1%, nel 2018 il 10,2%.
Solo il 7% degli insegnanti italiani ritiene inoltre che i governanti ascoltino le istanze della categoria. L’80% dei nostri docenti accusa vari gradi di stress e solo il 20% non lo avverte.
Seconda questione è la bassa remunerazione del corpo docente italiano. A parte i pannicelli caldi dei bonus al merito, degli 80 euro e degli arretrati per il contratto fermo, a parte il congelamento dell’anno 2013 dalla progressione di carriera e quindi di stipendio e pensione, si dice soddisfatto del salario appena il 21% dei nostri insegnanti, mentre in Canada lo è il 76%.
In Italia i docenti guadagnano inoltre in media il 30% in meno di altri laureati del Paese, a fronte di un carico di responsabilità nei processi organizzativo-formativi dentro le scuole, che in base a 6 parametri la nuova analisi Ocse certifica come il più alto.
Inoltre l’emergenza corona virus ha prodotto il trasferimento delle scuole di ogni ordine e grado nella dimensione digitale e virtuale un massivo superlavoro che viene svolto come meglio possibile da una categoria “poco incline al lamento e forse proprio per questo è così poco considerata da mondo politico e opinione pubblica.
Dunque si spera, una volta finita l’emergenza covid-19, che si voglia colmare il divario tra le condizioni di lavoro e studio dei docenti e dei discenti italiani, e quelle dei Paesi con cui ci vogliamo sedere ad un tavolo alla pari; che riscatti la scuola italiana dal suo perenne ruolo di cenerentola, valorizzando il suo grande potenziale, e smettendo di pretendere abnegazione dando in cambio continue mortificazioni. Basta voler pescare finalmente nelle voragini della gigantesca, tracotante, incivile evasione fiscale che da decenni depreda il nostro Paese”.
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