C’erano anche tante insegnanti, maestre, operatrici della scuola, precarie, studentesse nella giornata delle mobilitazione contro Silvio Berlusconi e in difesa della “dignità delle donne”, che secondo le promotrici del comitato ‘Se non ora, quando?’ ha toccato il fondo con gli sviluppi del cosiddetto caso Ruby: l’avvenimento ha riscosso un numero di adesioni oltre le aspettative. Tantissime donne, ma non solo, che prive di bandiere di partito hanno sfilato nei 230 cortei organizzati in altrettante città. Il più imponente a Roma, dove sul palco di piazza Navona, davanti ad un bagno di folla, quasi un milione di persone, si sono alternate donne di primo piano nella scena pubblica nazionale e non solo. Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha minimizzato l’avvenimento parlando di “poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne. Si tratta delle solite eroine snob della sinistra – ha continuato la responsabile del Miur – che sono uscite dai loro salotti per tentare di strumentalizzare la questione femminile e per attaccare un governo che continua ad avere la fiducia della maggioranza degli italiani. Non c’è motivo e non c’è speranza che le donne italiane vedano la propria dignità minacciata da questo governo, né che si sentano coinvolte in una speculazione politica – ha concluso Gelmini – che non capiscono, non condividono e non appoggiano”.
Chi, invece, ha molto preso sul serio l’appuntamento del 13 febbraio sono stati gli studenti. Quelli della Rete della Conoscenza, l’associazione dove da alcuni mesi sono confluiti l’Unione degli Studenti e il Link-Coordinamento universitario, oltre ad aver partecipato alle manifestazioni di piazza, hanno creato una video-lettera: un messaggio di alcuni minuti attraverso il quale hanno chiesto di superare quella “cultura maschilista e patriarcale” che impera nel nostro Paese puntando sulla costruzione, “a partire da scuole e università, di una forte opposizione culturale al sessismo, attraverso la diffusione di un’idea di sessualità realmente libera e consapevole e di un’alternativa culturale e sociale”. Il video si compone di una serie di testimonianze realizzate da diversi studenti, in prevalenza ragazze, che riassumono i motivi della contestazione, non solo giovanile: “le pratiche politiche e di partecipazione, i tempi e la produttività nel mondo del lavoro – dicono i giovani della Rete della Conoscenza, valorizzando le differenze di genere e riducendo lo gender gap che ci colloca ancora infondo alle classifiche europee. Oggi – siamo in piazza perché un’altra idea di paese passa da un’altra idea di rapporto uomo-donna e attraverso la rivendicazione di diritti fondamentali come istruzione, lavoro, welfare che tengano conto di un’ottica di genere“.