Sono 20 i giovani, provenienti dai flussi migratori dal Pakistan, dalla Costa d’Avorio, dall’Egitto, dal Perù e da altri Paesi, spesso minori non accompagnati, i protagonisti del progetto “Tante voci al Museo!”, un’iniziativa che rientra nel progetto dedicato ai minori stranieri, realizzato dal Cpia1 Paulo Freire di Torino, dall’associazione Diskolé, attiva nel territorio urbano della città, da tempo impegnata in azioni di contrasto del fallimento formativo e della dispersione scolastica, e dal Museo stesso.
L’idea è partita dal Cpia 1 di Torino: “I giovani della nostra scuola, prevalentemente minori stranieri, arrivati in Italia da soli o con le loro famiglie, racconteranno la storia di alcuni reperti archeologici al pubblico presente”, racconta il dirigente scolastico Paolo Tazio, e aggiunge “questo evento è il risultato di un percorso formativo, giunto ad quarto anno di attività, che ha reso accessibile ai nostri ragazzi una parte distintiva del patrimonio culturale della città, consentendo loro di migliorare la conoscenza della lingua italiana nel contesto culturale della città, nella cornice del Museo”.
Tra gli obiettivi del progetto, in un’ottica altamente inclusiva, c’è quello di valorizzare il ricco patrimonio culturale della città piemontese, che è spesso ignorato o sottovalutato nei percorsi formativi dei giovani immigrati.
Da un bisogno forte e un’esigenza importante si è passati alla pratica, grazie alla fattiva collaborazione con gli egittologi del Museo che hanno collaborato con il Cpia 1 Paulo Freire per rendere i giovani, in gran parte allievi della scuola, protagonisti del percorso di visita guidata al Museo.
I giovani, prevalentemente minori stranieri, arrivati in Italia da soli o con le loro famiglie, hanno raccontato la storia di alcuni reperti archeologici durante l’incontro di presentazione del progetto, che si è svolto in questi giorni nella cornice importante del museo torinese. Si tratta di un percorso che dura da quattro anni e che ha diversi obiettivi rilevanti: il potenziamento della lingua italiana, in un contesto particolarmente significativo, come quello del Museo Egizio di Torino; quello, inoltre, di consentire ai giovani e ai giovanissimi di entrare in contatto con i circuiti culturali della città e in primo piano anche il contrasto alle baby gang, molti di loro infatti vengono da quelle zone della città che rappresentano un serbatoio di manovalanza per la piccola criminalità o si fanno coinvolgere dalle baby gang. In questo senso, il progetto mira a un’integrazione che permetta di offrire ai ragazzi un futuro diverso.
“Tante voci al museo!” si pone come una pratica esportabile, che da Torino potrà migrare verso altre realtà urbane, grandi e piccole, come veicolo per l’inclusione e come occasione per creare identità.
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