Diversi docenti e amministrativi mai vaccinati contro il Covid-19 sono tornati in questi giorni a scuola. Oppure si accingono a farlo. Il motivo del ritorno? È semplice: non sono tornati sui loro passi, ma sono stati semplicemente contagiati, come milioni di cittadini. Hanno terminato (o stanno terminando) la quarantena. E ora riprendono (o presto riprenderanno) il loro posto di lavoro. Per sei mesi, questo è il tempo di immunizzazione previsto per legge, sono a posto.
Poi, a luglio se l’emergenza dovesse perdurare, assieme all’obbligo vaccinale previsto anche per sanitari, poliziotti e militari, saranno di nuovo sospesi dal servizio.
A rientrare in questa casistica, dopo per quattro mesi di sospensione, anche dello stipendio, è stata anche la maestra sulmonese Alba Silvani che a settembre, con lo sciopero della fame, aveva protestato contro l’obbligo vaccinale per la sua categoria: è tornata a lavorare nella scuola dell’Infanzia dell’Istituto Comprensivo ‘Fontamara’ di Pescina, in provincia dell’Aquila.
“Come tanti altri ho avuto l’infezione da Covid 19 e sono guarita. Ma le mie idee non sono cambiate. Anzi – ha detto – dopo quanto accaduto nella gestione della pandemia sono più radicate di prima. Le persone che hanno scelto di non vaccinarsi sono state criminalizzate. Ma alla fine in tanti hanno compreso che addossare loro tutte le colpe è solo un comodo paravento per coprire bugie, errori e disfunzioni, nonchè la mancanza di un piano pandemico aggiornato”.
L’insegnante abruzzese, che si era detta consapevole che il prezzo da pagare per la sua presa di posizione era “la perdita del posto di lavoro duramente conquistato dopo tantissimi anni di precariato”, conferma in toto la sua posizione contro il Green pass obbligatorio per lavorare a scuola: “è usato – ha detto – come arma di ricatto e punizione e non, come dovrebbe essere, come misura di carattere sanitario. Medici di famiglia che hanno messo in atto terapie domiciliari bollati come no vax e sottoposti a procedimenti disciplinari”.
Ora, scrive la donna, “si è ‘scoperto’ che esistono anche le cure. Ma evidentemente il governo non lo sa. Tanto che del farmaco monoclonale Sotrovimab di Gsk, prodotto a Parma, il ministero della Salute ne ha ordinato solo 5000 dosi, mentre gli Usa ne avevano ordinate 500.000. Perchè, visto che il farmaco lo abbiamo in casa?”.
Obbligo vaccinale e Green pass, continua la docente abruzzese, “hanno privato tanti del fondamentale diritto costituzionale al lavoro e instaurato un clima di odio e discriminazione inammissibili. Il Consiglio d’Europa ha bocciato l’utilizzo delle certificazioni per punire i non vaccinati” e “il Comitato internazionale per l’etica della biomedicina, il Cieb, ha invitato gli altri Paesi e le organizzazioni internazionali a fare pressioni sul governo italiano affinché – ha concluso l’insegnante – ponga fine alla ‘sperimentazione di massa, su cittadini e stranieri residenti, di un medicinale sperimentale impropriamente denominato vaccino”.
All’inizio dell’anno scolastico, la maestra aveva inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. “Oggi mi è stato impedito di entrare – ha detto – resterò qui, metterò in atto uno sciopero della fame per chiedere il rispetto del diritto costituzionale al lavoro e contro ogni forma di discriminazione”.
La maestra aveva scritto anche che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art.1 della Costituzione) e non sul Green pass. L’obbligo del Green pass è anche contro l’art.3 della Costituzione che, tra l’altro, vieta ogni discriminazione rispetto a condizioni personali e sociali”.
Ed infine che “non c’è nessun bisogno di imporre il Green pass a una categoria, quella degli insegnanti, che ha raggiunto il traguardo del 92% di vaccinati e quindi ha superato l’obiettivo dell’immunità di gregge”.
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