È ormai noto che il concorso a cattedra in corso sta mietendo tante vittime e in molte regioni d’Italia il numero dei candidati bocciati alla prova scritta e orale è davvero molto alto, se non addirittura totale in alcune classi di concorso. Si tratta di un dato paradossale considerato il fatto che il concorso in atto era riservato a personale già abilitato e, quindi, in possesso almeno dei requisiti sufficienti per ottenere la nomina a tempo indeterminato sui posti vacanti e disponibili.
Si dice che ciò sia dovuto ad una non adeguata preparazione dei candidati, all’esiguo tempo dato a disposizione dal Miur per affrontare compiutamente le prove scritte, alla severità delle commissioni giudicatrici, fatto sta però che il dato è veramente incontrovertibile perché molti docenti che sono stati bocciati alle prove concorsuali ritorneranno in cattedra con il fenomeno delle supplenze perché le scuole non possono restare in alcun modo sguarnite di docenti.
Sembra assurdo che chi aveva già ottenuto l’abilitazione tramite SSIS, TFA etc. aveva già dovuto superare una prova di ammissione alla frequenza delle scuole di specializzazione per cui era in possesso degli strumenti del mestiere di insegnante ora si ritrovi a non aver superato le prove del concorso a cattedra che doveva certificare le competenze per svolgere la professione docente con un contratto a tempo indeterminato.
Molte cattedre resteranno vuote e si dovrà ricorrere comunque al sistema della copertura tramite contratti a tempo determinato e con il balletto delle supplenze e della rotazione dei docenti nelle classi in barba alla continuità didattica che dovrebbe essere garantita per una migliore qualità dell’insegnamento. Se da una parte abbiamo un numero elevato di professori bocciati al concorso perché non ritenuti idonei a ricoprire un posto di insegnamento a tempo indeterminato, dall’altra abbiamo un numero elevato di alunni che vengono promossi sia durante il loro corso di studi che al termine degli esami di licenza media che di maturità.
Sono queste facce di una stessa medaglia che fanno parte di un sistema monco dove abbiamo docenti con tanti anni di servizio alle spalle che non riescono a superare una prova concorsuale e alunni che vengono promossi a qualsiasi costo basta che studiano un po’ durante l’ultimo mese dell’anno scolastico rabberciando di qua e di là. Ciò è dovuto al virulento buonismo dei docenti che, invece, di essere equi e giusti nella valutazione di chi non ha prodotto poco o nulla durante un intero anno scolastico e, quindi, punire (didatticamente s’intende) gli alunni preferiscono, seppur con obiettivi minimi, promuoverli.
Ciò, purtroppo si deve ammetterlo, è colpa di un intero sistema che si presenta marcio, malato dove gli insegnanti sono stretti tra lacci e lacciuoli in cui dirigenti scolastici spalleggiati dai genitori chiedono al docente di fare l’impossibile e, di fronte, ad una situazione didattica fortemente negativa fornire il che, il perché e il come l’alunno non ha raggiunto determinati obiettivi prefissati all’inizio dell’anno nella progettazione curriculare. In questo modo l’insegnante volente o nolente, pervaso da un incipiente senso di colpa, assegna tutt’al più il debito formativo da recuperare a settembre piuttosto che far ripetere l’anno scolastico all’alunno.
Ovviamente questo andazzo non giova all’alunno che si troverà a portare avanti lacune nella sua preparazione che difficilmente saranno colmate e, quindi, si pone l’alunno di fronte alle sfide che la società e la vita comporta. Sulla base di questa disamina che contrappone prof. bocciati e alunni promossi con percentuali alte è tempo di fare una seria riflessione e di porre un serio rimedio perché così com’è rappresenta la sconfitta di un sistema istituzionale e il tramonto di una scuola come luogo di formazione e cultura.