Le attese di provvedimenti radicali sulla scuola si sono materializzate in un mix di buone intenzioni, di parole d’ordine su aspetti innovativi da tempo al centro del dibattito ma anche nella riproposta di aspetti inquietanti. Il tutto rinviato a novembre, dopo una fase di due mesi di confronto con studenti e famiglie per averne indicazioni. “Ogni studente con i suoi amici, le famiglie, le associazioni, ci dica di cosa si vuole parlare nella scuola”. A proposito, perché non sentire anche soggetti collettivi come associazioni professionali della scuola e sindacati? E se poi gli studenti e le loro famiglie ci diranno che vogliono più inglese e più coding, ovvero programmazione informatica?
Avremo una definizione di “programmi” (una parola e un concetto che pensavamo ormai superati) in base al gradimento? Una scelta preoccupante, tenuto conto che sui banchi di scuola costruiscono il loro sistema di valori giovani di culture ed etnie diverse, che hanno bisogno di una cultura solida sul piano storico, geografico, filosofico per trovare chiavi di lettura consapevole e critica che li aiutino a comprendere cosa succede quando sui loro tablet assistono a scene terrificanti di esecuzioni in diretta. Non ci sembra che abbiano bisogno di nozioni per utilizzare meglio i mezzi della comunicazione ma di sviluppare le loro conoscenze e capacità di riflessione per rifondare valori di una convivenza globale nuova che ci ripropone rigurgiti inquietanti di barbarie cui non si può rispondere con la contrapposizione di culture o un arrogante dualismo di civiltà e barbarie.
Il Piano presenta alcune prospettive interessanti (realizzare l’autonomia, avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, riconsiderare il ruolo degli insegnanti, istituire l’organico funzionale) ma sullo sfondo ci sono alcuni fantasmi che rischiano di cambiare davvero – e non in positivo – il volto della scuola italiana (l’uso taumaturgico di termini come merito e valutazione, un’ulteriore accentuazione del ruolo dei dirigenti scolastici, la scomparsa di aspetti cooperativi che sono alla base della scuola come comunità professionale).
Siamo fiduciosi che il dibattito di due mesi cui si rinvia potrà dare un contributo positivo per un rilancio del sistema scolastico senza sottovalutarne la complessità, perché davvero – come ha affermato Renzi – la scuola “è alfa e omega di tutto” ma bisogna darle, non solo a parole, strumenti e risorse per funzionare. A proposito, e il capitolo delle risorse finanziarie?
Gabriella Cordaus
Fnism