Una scuola paritaria di Roma, constato che i genitori non potevano pagare la quota supplementare per il sostegno, ha negato l’iscrizione al figlio. Rivolti alla giustizia amministrativa, il Tar ha accolto il ricorso. Il ragazzo con grave ritardo psicomotorio, fin dal 2003 frequentava lo stesso istituto paritario e i genitori avevano regolarmente pagato la retta scolastica, facendosi pure carico delle spese necessarie per il sostegno.
Nel dicembre 2008 la spesa era stata però suddivisa con l’ente gestore dell’istituto che nel corso del tempo si era dimostrato sempre più refrattario a tale scelta, fino al rifiuto dell’iscrizione, perché la scuola sarebbe nell’impossibilità “di continuare ad anticipare i costi degli insegnanti di sostegno”.
La decisione dell’Istituto è stata condannata dal Tar come violazione della legge 62/2000, la quale prevede che “le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap”.
In particolare, per quanto riguarda la scuola secondaria di primo e secondo grado, “sono garantite attività didattiche di sostegno”, la cui organizzazione rappresenta quindi un obbligo per le scuole paritarie, nonché un requisito per lo stesso riconoscimento della parità.
Per quanto riguarda gli oneri economici, l’Ordinanza fa ancora riferimento alle legge 62/200, che prevede “la spesa di 7 miliari di lire per assicurare gli interventi di sostegno previsti”. Ne consegue che, come si legge nell’Ordinanza, “il costo dell’insegnamento di sostegno è posto a carico dello Stato e giammai potrebbe essere posto dagli istituti scolastici paritari a carico dei genitori degli alunni portatori di handicap. (…) In altri termini, poiché gli alunni con handicap che frequentano le scuole statali non sopportano il costo dell’insegnamento di sostegno, a conclusioni diverse non si potrebbe giungere per quelli delle scuole private le quali, nel momento in cui chiedono e ottengono il riconoscimento della parità, con i connessi benefici di legge, si assumono anche i relativi oneri”: tra questi oneri rientra appunto l’organizzazione dell’attività di sostegno, per le quali, tra l’altro, “conservano il diritto di ottenere il finanziamento o il rimborso da parte dei competenti organi pubblici”.
La condotta dell’Istituto, in conclusione, presenta le caratteristiche della “discriminazione”, poiché “ha impedito al minore di esercitare, al pari delle persone normodotate, il diritto di usufruire del servizio di istruzione scolastica presso l’istituto da sempre frequentato”.
Si riconosce quindi al minore “un danno non patrimoniale valutabile in una somma non inferiore a 15 mila euro”. Il Tar quindi ordina all’istituto di riammettere il ragazzo alla frequenza scolastica e lo condanna al pagamento della somma risarcitoria.
Si ribadisce quindi non solo il dovere delle scuole paritarie di ammettere e accogliere i ragazzi con disabilità, ma anche l’obbligo, da parte dello Stato, di farsi carico di quest’onere economico “Questo ultradecennale orientamento della magistratura – commenta Salvatore Nocera, in qualità di responsabile dell’area normativa dell’Osservatorio scolastico sull’integrazione dell’Aipd – se verrà confermato dalle decisioni di merito e, in caso di appello ed oltre contro l’ultima ordinanza, anche dalla Cassazione, costituirà un orientamento del tutto nuovo che produrrà un notevole aggravio all’erario proprio in un momento in cui anche per la scuola statale si soffrono notevoli tagli finanziari”.
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