A essere tartassato come si deve, è il lavoratore dipendente scapolo che deve consegnare all’erario il 47,7% dello stipendio, consentendo così all’Italia di collocarsi al terzo posto tra i Paesi dell’area Ocse, superata solo da Belgio (53,7%) e Germania (49,6%).
In ogni caso, secondo l’Ocse, nel rapporto ‘Taxing Wages 2017’, la media per i lavoratori single è di un carico – fra tasse e i contributi sociali su lavoratore e datore di lavoro – al 35,9%.
Sia per il nostro Paese che per l’intera area Ocse il dato 2017 è in calo marginale (0,1 punti) rispetto all’anno precedente.
Il cuneo fiscale “famigerato”
Quando si passa al lavoratore in un nucleo di 4 persone il cuneo fiscale per l’Italia scende al 38,64%, che è praticamente immutato rispetto all’anno precedente.
Tuttavia, rispetto alla media Ocse, ci sono ben 12 punti di distanza, dal momento che essa è del 26,1%.
L’Italia peraltro è nel novero dei 10 paesi in cui i contributi di previdenza sociale superano il 20%, mentre il top è in Francia con un carico del 26%.
Bisogna in ogni caso calcolare il rapporto costi-benefici: con tutta questa pletora di costi-tasse, quali benefici hanno gli italiani rispetto alla media europea?
Questo è il vero nodo.