In questi anni amari solitamente gli insegnanti non credono nello sciopero come forma di lotta. Gli ecologisti sì, anche se insegnano. Ed è così che i Teachers For Future (TFF), la «rete di docenti che affianca il movimento giovanile globale Fridays for Future», aderisce allo sciopero globale per il clima del 23 settembre prossimo, al grido di «Continuiamo a chiedere ai leader di governo e delle grandi corporation di mettere le persone prima dei profitti!». Protesta, quindi, non limitata alla generica constatazione della crisi ambientale gravissima che tutto il pianeta sta attraversando. Si riconoscono qui cause e colpevoli: le élite che dominano il mondo, le multinazionali (energetiche e non solo), i governi che tutto fanno tranne contrastare gli interessi delle medesime.
Il comunicato stampa dei TFF, relativo al Global Climate Strike del 23 settembre, fa riferimento alla “Lettera aperta agli insegnanti italiani”, elaborata collettivamente da docenti di tutta Italia attraverso lunghi confronti tra tutti i partecipanti (in presenza e a distanza). La lettera invita i colleghi e le colleghe delle scuole di ogni ordine e grado della Penisola a «cambiare il mondo».
«L’inizio di quest’anno scolastico assume un significato particolare, dopo un’estate caratterizzata da ondate di calore, siccità, eventi estremi, che hanno fatto toccare con mano a tutti gli italiani le pesanti conseguenze del cambiamento climatico. (…) L’anno scolastico 22-23 potrebbe quindi essere considerato l’anno zero da questo punto di vista e meritare un’attenzione particolare».
I Teachers For Future, dunque, non invitano solo a scioperare. Affermano infatti che occorre «trasformare il contesto drammatico in una opportunità per coinvolgere studenti, colleghi e dirigenti in attività sia didattiche che operative da svolgersi nella settimana dal 19 al 22 settembre nelle scuole di tutta Italia, in vista dello sciopero mondiale per il clima del 23 settembre». Invitano inoltre ad utilizzare il «ricco pacchetto di attività di educazione ambientale e sul cambiamento climatico, disponibili sul sito di TFF, proposte agli insegnanti di ogni ordine di scuola che vogliano utilizzarle con le loro classi». Infatti «La rete TFF comprende ormai insegnanti in decine di scuole in tutte le regioni, e collabora con i ragazzi di Fridays for Future perché la scuola sia “parte della soluzione e non del problema”».
In una società italiana molto distratta rispetto all’emergenza ambientale e climatica, questi docenti rappresentano una felice eccezione. Il loro sforzo per portare i riflettori dei media sul tema della crisi climatica è encomiabile. Anche perché fanno parte di una categoria (quella dei docenti), che paga lo scotto dell’indifferenza del Bel Paese per la Scuola e per gli insegnanti. Indifferenza che genera i problemi ben noti: responsabilità civili e penali enormi ripagate con stipendi miserrimi; attività aggiuntive “retribuite” mediamente con 20 euro al mese; carichi burocratici incongrui con la funzione docente, che generano tantissime ore di lavoro sommerso e invisibile all’esterno; assenza di possibilità di miglioramento della propria posizione. Malgrado tutto ciò, in un Paese in cui ognuno si occupa soltanto del proprio minuscolo orticello, i TFF gettano il cuore oltre l’ostacolo e lottano per una causa di interesse comune, cui la maggior parte degli adulti non pensa nemmeno.
Nessuno dei leader politici — pur nella disperata ricerca di voti per il 25 settembre — mostra di dedicare al surriscaldamento globale nemmeno la parvenza di un pensiero organico. E ciò accade perché sanno che all’elettore medio non importa nulla della questione ambientale.
La casa brucia, ma gli italiani si preoccupano di lucidare i vetri o di cambiare i quadri alle pareti o di sceglier l’abito per la serata. Nessuna reale consapevolezza che la casa comune sta bruciando, e che non ne abbiamo un’altra ove sopravvivere. L’estate che stiamo ancora vivendo, bollente e interminabile, ha tutte le caratteristiche dell’inizio della fine. Eppure tutti suoniamo e balliamo, peggio dei musicisti del Titanic, i quali però almeno lo facevano per evitare il panico, capace di mietere più vittime del naufragio stesso.
Qui invece non c’è bisogno di frenare alcun panico. Anzi, se l’umanità prendesse coscienza del baratro che incombe a un passo da lei, aumenterebbero le possibilità di salvarla, perché molto si può ancora fare, e non si fa. Ci sono ancora cinque o sei anni per mitigare il surriscaldamento, cambiando modello di sviluppo, risparmiando energia, scegliendo fonti energetiche rinnovabili. Si può ancora evitare che la temperatura media globale salga oltre i due gradi rispetto all’epoca preindustriale. Ma nulla si fa per la mitigazione.
C’è forse qualche anno in più per adattarci al surriscaldamento, imparando a raccogliere l’acqua piovana, a usare l’acqua potabile solo per l’alimentazione, cambiando le tecniche edilizie, facendo tutto ciò che è tecnologicamente possibile per difenderci dai cambiamenti. Ma in Italia nessuna politica di adattamento viene nemmeno pensata. Ben vengano dunque le docenti e i docenti di TFF col loro impegno e col loro esempio. Se son rose, fioriranno.
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