Portare il teatro a scuola, traendo ispirazione da un classico della letteratura: Amleto. Questa la proposta didattica che arriva da Pierpaolo Rosati (docente, preside, ispettore, uomo di scuola), per lavorare sulle competenze linguistiche, relazionali, espressive, creative, e non solo.
A disposizione delle scuole, la pièce di Shakespeare reinterpretata dallo stesso Pierpaolo Rosati, introdotta dalle ragioni pedagogico-didattiche alla base del progetto. Un lavoro immediatamente spendibile in classe, anche nell’ambito del Piano scuola d’estate, che per i mesi di luglio e agosto prevede, tra le varie attività, anche i laboratori teatrali.
L’esperienza teatrale, già di primo acchito, reca in sé una valenza pedagogica per nulla irrilevante. La memorizzazione della parte, che l’attore è chiamato a sostenere, rappresenta per sé presa uno studio di precisione: uno stile di apprendimento troppo presto tralasciato; oggi più che mai, data l’attuale facilità con cui la tecnologia consente di accedere alle informazioni della rete, talvolta inaffidabili e superficiali. Corre in parallelo l’interpretazione del personaggio: lo scavo interiore e la ricerca di una personalità tutta da ricostruire. Ciò che comporta introspezione, riflessione sul sé, capacità di autoanalisi. Al tempo stesso, la pratica teatrale è un’attività progettuale, intenzionale e partecipata, che esige il diretto coinvolgimento individuale.
Sul piano didattico, il Teatro scolastico rappresenta, dal suo canto, un modello esemplare di laboratorio: operativo, sperimentale, frutto di un’esperienza diretta, pragmatica, intesa cioè a determinare un prodotto e non solo un processo. Trattasi inoltre di qualcosa di trasversale, di pluridisciplinare, con implicazioni metodologiche e metacognitive; soprattutto, qualcosa di verificabile, non in astratto ma sul palcoscenico e di fronte al pubblico.
Quanto alle competenze, esse sono molteplici: linguistiche, espressive, relazionali, socializzanti e finanche tecnico-pratiche (per un allestimento scenico comprensivo ad es. di scenografie, attrezzi, arredi e costumi).
Circa il soggetto da rappresentare, sia consentito mirare in alto; dunque, all’Amleto shakespeariano, con il dovuto riguardo. Ebbene, che l’Amleto sia un bene inestimabile, da includere tra quelli che l’Unesco potrebbe considerare “Patrimonio dell’Umanità”, non è solo una boutade. Il Castello di Elsinore, location della tragedia, fa parte del “Patrimonio Unesco” sin dal 30 novembre 2000. E tuttavia, stando alle preferenze espresse dai nostri Istituti Superiori, l’Amleto – così risulta – è poco gettonato. Sarebbe invece il caso di por mano alla pièce partendo proprio dai banchi di Scuola: compito per Studenti e Professori motivati da nuovi strumenti interpretativi, nuovi entusiasmi ed energie. È a loro che il messaggio si rivolge, per proporre un’alleanza: non una tregua o una pausa ricreativa, ma una sfida, un progetto, per l’appunto un laboratorio teatrale.
Il sottoscritto è il primo a crederci. All’uopo egli presenta un testo in prosa-ritmata (a tratti, forse, armonioso) predestinato a essere Libretto di un’Opera lirica (musica di Elda Schiesari, in via di ultimazione).
Ma, nel frattempo, perché non recitare in classe proprio quel Libretto?
L’intento, da dichiarare preventivamente, si ritrova in una puntuale analisi del testo e in una dispersa paginadi Gramsci. Ne consegue un globale ripensamento della materia: l’articolato percorso evolutivo del Principe di Danimarca, ricostruito nelle sue cinque fasi: tese più che a superare il dubbio, com’è nella vulgata, a rimuovere la cultura libresca, aristocratico-rinascimentale (I 5, 98-104). Ed ecco, progressivamente, l’adesione di Amleto a un pragmatismo laico, a una prassi tutta terrena. La sua fonte di ispirazione: una convinzione infine determinata da esempi tratti non già dalla Storia antica, retorica e letteraria, ma dalla Storia contemporanea, la cui valenza esortativa è personificata da Fortebraccio, un condottiero di passaggio che va per la maggiore.
Di qui il profilo di un Principe intellettuale engagé, machiavelliano e … gramsciano, sempre più consapevole del proprio ruolo politico, sensibile all’etica del potere e al bene dello Stato. Amleto, in contraccambio, è “amato dal popolo” (lV 3, 4) e “dalla gente comune” (lV 7, 18). Lo ammette persino Claudio, lo zio usurpatore, il suo nemico giurato.
Non resta che definire illuminante il contributo profuso da Amleto (e da Ofelia) alle Storie della Letteratura, dell’Arte e della Musica.
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