Tecnici diplomati, le imprese ne vorrebbero 110.000 in più
Il grido d’allarme lanciato da Confindustria da diversi anni sulla necessità di rimpinguare di studenti i nostri corsi di studi superiori è rimasto inascoltato. Ed ora si pagano le conseguenze. Il 16 novembre Federmeccanica ha infatti comunicato che il numero di specializzati rimane ancora altamente al di sotto del fabbisogno. Nonostante la crisi, ha detto Pier Luigi Ceccardi, presidente Federmeccanica, in occasione della presentazione del convegno ‘Formare le competenze: il ruolo attivo dell’impresa’ “permane una distanza, pari a circa 110mila unità, tra il numero di diplomati tecnici richiesti dalle imprese ed il numero che la scuola è in grado di fornire”.
Ma non solo: anche la qualità dei diplomati sembra essere al di sotto delle aspettative. “C’è in più – ha aggiunto il presidente – un’importante distanza tra le caratteristiche della domanda espressa dalle imprese ed il profilo formativo di coloro i quali sono alla ricerca di un primo impiego”. Ceccardi ha quindi colto l’occasione per rivolgersi alle istituzioni preposte chiedendo che si occupino “dei problemi congiunturali e strutturali che affliggono il Paese e di rimettere al centro delle politiche dello sviluppo la formazione tecnica e scientifica: ma per fare questo c’è anche bisogno di riconquistare una diversa considerazione sociale del lavoro industriale”. A tal proposito, a differenza dei sindacati, Federmeccanica ha accolto favorevolmente l’avvio del tavolo tripartito (governo, regioni e parti sociali previsto nell’intesa sottoscritta lo scorso 27 ottobre), che deve proporre una modifica normativa dell’apprendistato professionalizzante valorizzando la formazione in azienda. Per Federmeccanica “resta ancora molto da fare”. Se infatti “ci confrontiamo sul piano degli investimenti in formazione, dobbiamo rilevare – ha concluso il presidente Ceccardi – che spendiamo ancora troppo poco rispetto ad altri Paesi europei: ad esempio in Francia oltre il 74% delle imprese investe in formazione, in Italia è il 32%”. Le indicazioni giunte da Federmeccanica sono state immediatamente commentate dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: “l’investimento più importante nel campo del lavoro è quello in competenze – ha detto il ministro – promuovendo la cultura del lavoro manuale e quella tecnico-scientifica dell’apprendimento. Bisogna far in modo – ha proseguito – che molti scoprano l’intelligenza nelle mani, dobbiamo promuovere la cultura tecnico-scientifica, evidentemente carente nel nostro Paese”. Secondo Sacconi uno dei punti cruciale per cambiare tendenza è quello di vincere l’abbandono precoce della scuola insistendo proprio sull’apprendistato: la decisione di lasciare la scuola va contrastata, tuttavia, “non riconducendo il ragazzo a scuola prendendolo per le orecchie, ma con un percorso formativo” in grado di coniugare “studio e lavoro” attraverso contratti di apprendistato visto che “l’università italiana – ha sottolineato – è pronta ad offrire terribili percorsi fallimentari, percorsi scientifici ma che di scientifico non hanno niente. Dobbiamo convincere i giovani a mettersi in gioco per un lavoro dignitoso – ha concluso il ministro – magari anche lontano dalle loro aspirazioni ma pur sempre un lavoro, purchè sia regolare”.