Letteralmente la tecnofobia è la fobia per le tecnologie: una fobia è un terrore incontrollato che si scatena al solo pensiero e genera una serie di spiacevoli effetti e sintomi. Di tecnofobia si parla per la prima volta negli anni ’70, ma non esiste ancora una definizione unica. Larry Rosen la definisce come (Larry & Maguire, 1990): uno stato d’ansia attuale o relativo a futuri usi del computer o tecnologie ad esse correlate, attitudini globali negative nei confronti del mezzo e delle operazioni che permette e dell’impatto sociale delle stesse, dialogo interno critico e negativo durante l’utilizzo o al solo pensiero di usarlo. Più tardi nel 1993 Rosen individua 3 tipologie di tecnofobici ordinati per gravità:
Alcuni elementi pericolosi nell’uso delle tecnologie digitali si possono riscontrare nell’aggressività delle aziende del settore che intravvedono grosse possibilità di guadagno, nel sorgere di mode, nell’attenzione eccessiva posta sui dispositivi invece che sulle metodologie e sulle tecniche didattiche, nell’approssimazione su come affrontare questioni pedagogiche, usi semplicistici di procedure, contenuti e strumenti il cui utilizzo viene presentato come disponibile a tutti senza necessità di studio approfondito.
A tutto ciò va ad aggiungersi il carico di responsabilità che grava sul personale scolastico per ciò che attiene la gestione delle relazioni nel web e la loro degenerazione in violazione della privacy, del diritto d’autore e in fenomeni di cyberbullismo.
Questi elementi di complessità e di rischio non devono indurre ad evitale l’utilizzo di tecnologie e degli ambienti digitali di apprendimento; essi costituiscono, invece, una sfida professionale da affrontare con scientificità e senso di comunità.
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