Politica scolastica

Telecamere a scuola: una misura pericolosa, poco rispettosa dei docenti

La misura sulle telecamere negli asili e nelle scuole dell’infanzia approvata in queste ore in Parlamento deve far riflettere.
La norma insinua anche un dubbio nell’opinione pubblica perchè è come se lo Stato dicesse: per la sicurezza dei bambini ci vogliono le telecamere, perchè, per svariate ragioni, non siamo in grado di garantire che il personale docente e ausiliario si comporti correttamente.
Ma per quali motivi non si riesce a garantire nelle scuole un buon clima educativo?
I motivi sono diversi.
Intanto c’è un problema storico che si è accentuato negli ultimi due decenni: le modalità di reclutamento sono sempre meno accurate e tengono in scarso conto le capacità relazionali dei docenti da assumere; lo stesso anno di prova si riduce spesso ad un mero pro-forma mentre dovrebbe consentire ai docenti neo-assunti di svolgere un periodo di adeguato “tirocinio”.
Il fatto è che, come sa qualsiasi studente di psicologia al suo secondo esame, quando in un certo contesto si introduce un osservatore, le relazioni che avvengono in quel contesto si modificano inevitabilmente.
Le telecamere nelle aule modificheranno in modo significativo il rapporto educativo.
E non vale l’obiezione che i filmati potranno essere visionati solo per disposizione dell’autorità giudiziaria in quanto i comportamenti degli adulti ripresi cambieranno comunque, per il solo fatto di sapere di essere osservati.
E’ quasi certo che la presenza delle telecamere impedirà la messa in atto da parte di qualche adulto “disturbato” di mettere in atto comportamenti violenti o aggressivi nei confronti dei bambini, e questo sarà certamente un bene, ma gli stessi adulti “disturbati” continueranno ad essere presenti in classe.
Ed un adulto disturbato, anche se non mette in atto comportamenti violenti, non potrà certamente essere un buon modello educativo. Il punto, allora, è quello che da cui siamo partiti: è necessaria una selezione più accurata che consideri non soltanto le competenze disciplinari e metodologiche ma anche quelle relazionali ed affettive.
Forse prima di inserire questa norma nella legge sarebbe stato necessario anche acquisire il parere di esperti e  studiosi, psicologi e pedagogisti in particolare.
Ma, ormai lo sappiamo, la politica non è molto interessata alla competenza. L’importante è riscuotere il consenso delle piazze. A quale prezzo, non conta.

Reginaldo Palermo

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