Il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini continua lanciare proposte sulla scuola che verrà: domenica 1° maggio, prendendo la parola nel corso di comizi elettorali del Lazio, ha detto non solo che vorrebbe il ritorno all’uso del grembiule nelle scuole primarie e medie, ma anche che sarebbe utile introdurre dei sistemi di video-sorveglianza all’interno delle classi della scuola primaria e secondaria, quindi di medie e superiori.
Prendendo la parola a Tivoli, dopo avere ricordato che la settimana prossima arriverà in Parlamento la proposta di legge, di stampo leghista, che vorrebbe introdurre le telecamere negli asili nido e nelle case di riposo per anziani, al fine di “difendere bambini, anziani e disabili”, il vicepremier e ministro dell’Interno ha detto anche di volere “le telecamere pure nelle scuole dei gradi superiori, ma in questo caso per difendere i professori da alunni e genitori imbecilli”.
Solo due considerazioni. La prima riguarda i diretti interessati, gli insegnanti: siamo sicuri che accoglierebbero di buon grado l’invasività delle telecamere, mentre esercitano la loro funzione in classe con gli alunni? In tanti, siamo certi, non sarebbero d’accordo. Non a caso, il sondaggio realizzato dalla Tecnica della Scuola, proprio su questo argomento, ha evidenziato proprio questa contrarietà da parte dalla maggior parte dei docenti intervenuti.
La seconda considerazione riguarda le posizioni già espresse in merito dal Garante della privacy, per il quale l’utilizzo delle telecamere deve essere previsto solo “in casi di stretta indispensabilità (ad esempio, a causa del protrarsi di atti vandalici)” e che “gli stessi devono essere circoscritti alle sole aree interessate ed attivati negli orari di chiusura degli istituti, regolando rigorosamente l’eventuale accesso ai dati”.
Viene da sé che anche qualora vi fossero in atto situazioni di pericolo, anche per l’incolumità degli studenti, dei docenti e dei lavoratori, “restano di competenza dell’autorità giudiziaria o di polizia – conclude il testo dedicato agli Istituti scolastici – le iniziative intraprese a fini di tutela dell’ordine pubblico o di individuazione di autori di atti criminali (per es. spacciatori di stupefacenti, adescatori, ecc.)”. Insomma, per l’Autorità gli episodi di violenza e bullismo scolastico vanno affrontati nelle modalità più tradizionali.
Le indicazioni, anche se risalenti al 2014, rimangono di estrema attualità. A confermarlo è stato l’attuale Garante, Francesco Pizzetti, con un’intervista pubblicata su un quotidiano nazionale: l’introduzione delle telecamere nelle scuole “significherebbe dichiarare la sconfitta della scuola come istituzione – ha detto Pizzetti – poiché il problema non riguarda solo la privacy, ma il ruolo della scuola in generale: la decisione di utilizzare un sistema di sorveglianza significherebbe dichiarare il fallimento dei docenti e dell’istruzione in generale, cambierebbe il ruolo della scuola“.
Secondo il Garante della privacy anche se “il rigore è indispensabile” non bisogna dimenticare che c’è “in gioco il rapporto tra docenti e alunni. E un progetto di questo tipo sarebbe comunque inconciliabile con il rispetto delle norme sulla privacy”.
E rispetto al regolamento del 2004, che permette di installare telecamere nelle scuole solo ad istituti chiusi, Pizzetti precisa: “da allora sono cambiate tante cose, ma il provvedimento era ragionevole. Nessuno ci ha investito della questione, non interverremo”.
Infine, ricordiamo che tra i maggiori detrattori verso la video-sorveglianza a scuola, figura il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, medico specializzato nel burnout e stress da lavoro correlato: nella sua pagina Facebook, ad inizio 2019, ha detto che “la videosorveglianza non risolverebbe il problema, anche perchè lo strumento “deve essere utilizzato da personale competente e non da chiunque”.
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